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martedì 7 giugno 2016

Porco Rosso - la recensione (Pick A Card-Cer #71)

Continuiamo con la nostra sfilza di film che sto guardando in questi giorni? Ovvio che si! Ehi...un momento! Ma è tutta qui la tua introduzione? Deh, inventatevela voi una nuova introduzione ogni giorno! Vai con la recensione di PORCO ROSSO.


Trama:
Italia, periodo tra le due guerre mondiali. Un misterioso pilota di aerei dalle sembianze di maiale, detto Porco Rosso, è il terrore dei pirati del Mare Adriatico, almeno finché questi non si affidano all'americano Curtis, avventuriero spavaldo che sfida Porco Rosso a duello.

Il mio Parere:
E che devi dire a uno come Hayao Miyazaki? Ma sopratutto, come posso anche solo permettermi di parlare un pochino di uno dei suoi film? Cosa spero di dire in più di quanto altre recensioni non abbiano già detto e fatto meglio della mia? Ma il punto è questo: non siamo qui superare un presunto traguardo o trovare altri significati nascosti. Siamo qui per sparare un sacco di pareri a raffica in pura amicizia e in totale sportività; per dirla come i fighetti: "Pur palré". E' inutile parlare della sua abilità di animatore e narratore, perchè se dopo 42 anni di attività riesci ancora a strappare delle emozioni in un vasto media come quella dell'animazione Giapponese (dove si è detto proprio di tutto) e sei la principale ispirazione della Disney Pixar...ripeto: la Disney Pixar, non la Asylum, non ci sono altre parole per descriverti se non quella di "Bravo". Se non quella di "Autentico Fenomeno". Eppure, cosa rende Porco Rosso così diverso, eppure così simile alle altre produzioni Miyazakiane?

Partiamo dalla più facile. Di simile, c'è che in ogni opera del Maestro Hayao, la trama, le situazioni e le location vengono studiate attentamente per inserire e toccare temi a lui cari e altre cose di cui il Maestro ne è molto fan ed estremo ammiratore. Come le automobili e le città Europee, la passione per il volo, una ragazza adolescente molto forte (che, spesso e volentieri, ricopre il ruolo di protagonista) simbolo di gran fiducia nella prossima generazione, il rispetto per la natura, i mostri, una terribile maledizione deformante da sconfiggere, la mancanza di una netta divisione tra buoni e cattivi (a sostegno della tesi che nessuno è buono o cattivo, ma solo uomini e donne che fanno scelte, e che tutti in fondo hanno un cuore buono), il pacifismo, l'amore e una certa simpatia per idee socialiste, rimasugli del suo passato che l'hanno visto attivista di movimenti di sinistra e lotte sindacali all'interno della Toei Animation. Queste sono le chiavi di lettura di ogni opera del Maestro, le note da lui preferite per suonare quello che mi piace chiamare "Il Linguaggio Miyazaki": una overture di emozioni che, mettendo assieme tali tematiche in ordine diverso, danno vita a canzoni diverse ma tutte attraversate da quella dannatissima, stramaledetta malinconia agrodolce. Quella malinconia che ti fa venir voglia di avere qualcuno accanto con cui condividerla e far mal comune mezzo gaudio.

Eppure, che ha di così diverso Porco Rosso? Beh, c'è da dire che, nonostante ogni tematica trovi il suo spazio all'interno dei film d'animazione Miyazakiani, alcuni di loro sono più in risalto di altri a seconda della storia che il Maestro Hayao vuole raccontare, e quella del nostro suino scarlatto è forse la più particolare del suo repertorio. Porco Rosso ha per protagonista un personaggio maschile (cosa che quasi mai succede), che lavora come mercenario per chi ha abbastanza soldi per pagarlo e risolvere i casini altrui, che vive per conto suo e se ne sbatte della guerra...anzi, la rifiuta e schifa; personaggio carismatico ma allo stesso tempo misterioso, che poco lascia intendere di sé, pure il perché sia inspiegabilmente un maiale umanoide, ma una cosa certa viene fuori: la voglia di libertà e il rifiuto di piegarsi al volere totalitario di qualcuno; personaggio di mezza età un pò Philip Marlowe e un pò Rick Blaine, ma dal gran cuore. E' ambientato tra l'Istria e l'Italia degli anni '20 e a cavallo tra i due conflitti mondiali, si avverte una forte opposizione al regime fascista, la crisi economica che mette in ginocchio la piccola/media industria e un leggero velo un pò scanzonato che avvolge la pellicola; ma in realtà è tutta una scusa, è la classica voglia di far battute per smorzare la serietà del discorso, perchè nonostante il film si presenti come leggero e piacevole da guardare, in esso c'è un significato e un messaggio decisamente molto più serio. E' un film cupo travestito da film per ragazzi, un film noir che descrive il disagio e le conseguenze di una costrizione a tutto campo, ma che fornisce anche una gran bella scappatoia da considerare e che fa della sua più famosa chiosa un manifesto:


Piuttosto che diventare un fascista, meglio essere un maiale. Un pò nel senso politico nel termine, ma un po' tanto anche nell'altro senso, quello più etico e morale (che di gran lunga preferisco a quello politico, siccome della politica non me ne è mai fregato un cazzo): meglio fare quello che mi fa star bene e deludere tutti, piuttosto che far qualcosa che fa contenti gli altri ma che tradisce me stesso.  

Conclusioni:
Non c'è storia. Non ci sono scuse. Non c'è un cazzo di nient'altro a cui aggrapparsi. Siete fan dell'animazione e di quella Giapponese in particolare? Vi piacciono le belle storie? Allora sparatevi subito questo film. 

- Symo

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