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martedì 7 novembre 2017

Blade Runner 2049 (la recensione)

Se avete letto il secondo resoconto del mio viaggio a New York, so già che qualcuno potrebbe sicuramente contestare e dire che mettere i link di una recensione in articoli che parlano di viaggi è come fare una operazione di clickbait: è tutto per fare visite. Niente di più sbagliato. Blade Runner 2049 è stato visto in un cinema di New York e durante il mio soggiorno durante due settimane nella città. Ergo, la visione del sequel del capolavoro di Ridley Scott è parte integrante della mia esperienza nella città Americana, quindi se ne parla; si sono fatti solo due articoli diversi e separati per non appesantire troppo la lettura di resoconti di viaggio già molto lunghi e dettagliati di per se. Detto questo, tuffiamoci nel resoconto e nella recensione di BLADE RUNNER 2049.


Trama:
2049. Incaricato di recuperare un vecchio modello di replicante, l'ufficiale K, un blade runner appartenente alla polizia di Los Angeles, riporta in luce un segreto a lungo sepolto che ha il potenziale di far precipitare nel caos ciò che è rimasto della società. La scoperta lo porta a dover scovare Rick Deckard, un ex blade runner scomparso da trent'anni.

Differenza Cinema USA/ITA:
Come detto prima, questo pezzo su Blade Runner 2049 è parte integrante del resoconto che attualmente sta imperversando su questo blog riguardo il mio viaggio a New York. Per tanto, chiunque sia arrivato qui senza passare dal Giorno 2 del report, potrebbe leggere una parte che potrebbe risultate sconclusionata, ma che in realtà fa riferimento ad un altro articolo. Se non volete essere troppo confusi, vi si linka qui l'articolo dove poter recuperare il Giorno 2 e capire un po' la situa.


Tutto ok? Recuperato? Bene, allora andiamo avanti.

Arrivato al cinema AMC, mi guardo un po' in giro, scrutando e osservando il posto e cercando pregi/difetti/differenze rispetto alle sale Italiane. Il banco per i pagamenti e la zona dove procacciarsi il sempre ben accetto cibo spazzatura per accompagnare la visione, rispetto ai cinemi nostrani - che sia Cinelandia o UCI - sono molto più piccoli e piuttosto risicati: c'è proprio il minimo indispensabile. Il motivo per cui la scelta era limitata, è che per molte cose da mangiare e bere, l'America ha abbracciato da una decina d'anni la politica del Free Refill (per il bere soprattutto, per il mangiare, dipende da cosa prendete); quindi, sparsi vicino alle varie sale, c'erano dei distributori che svolgevano questa funzione, con bibite di vario tipo e cibarie tipo pop-corn, caramelle e patatine. Per chi non sappia cosa sia il Free Refill, funziona così.

Praticamente, quello che il cliente paga è solo il contenitore che verrà poi riempito con la bevanda/pietanza - che ha veramente un costo irrisorio, parliamo di circa 1,00 $ (circa 0,86 €) - che può anche non essere quella inizialmente scelta: il tutto, senza costi aggiuntivi, poiché l'unica cosa che c'è da pagare è il bicchiere/vassoio per la propria bevanda/pietanza. Il motivo di questa politica, è per far agire lo spettatore nella più totale autonomia, senza che il banco venga intasato da troppe persone, oltre che per soddisfare le loro voglie; mettete che a uno venga fame durante la visione, questo si alza per i cazzi suoi e poi ci pensa da solo a soddisfare i suoi appetiti. Ora sicuramente ve lo starete chiedendo: "Ma promuovendo così tanto la politica del Free Refill, la sala non va in bancarotta?". Quello no, poiché il cibo spazzatura costerà di meno, ma il biglietto costa di più, ed essendoci pure la scelta della tipologia di visione (tra 3D, IMAX e iSense) alla fine quello che "ci smenano" in cibo/bevande, lo recuperano col biglietto del film. Fregandomene e disprezzando le altre modalità di visione, ho optato per quella da normale plebeo e il biglietto è venuto a costare 11,95 $: poco più di 10,00 €. Qualcuno dirà: "Vabbè, è più o meno come l'UCI". Rimane il fatto che dieci carte, per un biglietto del cinema, è comunque un prezzo esagerato, a mio parere.

Mentre la zona cibo è molto più piccola (e diciamo anche conveniente) delle nostre, al contrario, le sale sono molto più grandi e contengono molti più posti, oltre che delle sedie molto più comode. Sono tutti sedili imbottiti e comodissimi, con un piccolo pulsante a sinistra che serviva per regolare la lunghezza del proprio posto, alzando anche la parte sotto trasformandola in un poggiapiedi in modo che lo spettatore potesse spaparanzarsi come cavolo voleva. L'unico problema è che il tasto è talmente sensibile che capitava, durante la visione, di premerlo accidentalmente; visto che l'America è spesso bersagliata da calamità naturali, durante il film mi veniva un fottone e credevo ci fosse un terremoto in atto. Altra cosa decisamente figa che hanno, e che in Italia non c'è, è il Self Service Ticket: una zona dove è possibile farsi il biglietto da solo.

Vicino alla cassa con la commessa, sono posti dei piccoli ATM con terminale digitale dove è possibile fare l'operazione che farebbe la commessa in tutta autonomia scegliendo: il film che si vuole vedere fra le pellicole attualmente disponibili in sala, tipologia di visione tra quelle sopra elencate (Normale, 3D, IMAX e iSense) e il posto a sedere (con mappa della sala per scegliere il posto preferito); tramite questi Self Service Ticket, se magari la sala è piena o non si ha tempo di vedere il film in giornata, è anche possibile prenotare il biglietto per una visione futura. L'unica magagna è che il pagamento, presso questi punti fai da te, avviene sempre e comunque tramite carta di credito o qualche altro strumento di pagamento che prevede l'uso di una carta elettronica: quindi (consiglio per la vita) assicuratevi sempre di avere soldi nella carta e, soprattutto, di una carta che gli ATM dell'America sono in grado di leggervi. Una delle mie grandi difficoltà e rotture di coglioni dell'esperienza Americana, è che il circuito della mia carta era illeggibile in molti punti ATM, poiché nonostante la marca della carta (tipo MasterCard, Mestro ecc.) magari era riconosciuto, ma il circuito era diverso perché proveniente da un paese Europeo: e quindi, spesso non riconoscibile. Ergo, una bella dose di contanti era sempre a portata di mano.

La Pubblicità:
Una parte tutta sua se la ritaglia la pubblicità prima della visione del film, con trailer annessi di film in uscita a breve o tra qualche mese. Perché? Semplicemente perché la pubblicità prima del film è un esempio innocente per spiegarvi che tutto il mondo è paese: anche andando fuori, certe cose non sono poi molto diverse dall'Italia. Molti si lamentano di trailer e pubblicità prima della visione del lungometraggio scelto, dicendo che fa vedere cose inutili e che per la maggior parte dei casi non interessa; cose del genere, fanno sempre scaldare "l'Italiano che c'è in noi", facendogli gonfiare il petto di fastidio fino a che, per il nervoso, non pronuncia le fatidiche parola che gridano al parlar male degli Italiani e che, in questo paese, fa tutto schifo: sicuramente è meglio dalle altre parti.

Beh, pubblicità/trailer prima del film durano ben quaranta minuti. Quindi, anche se la programmazione dice che il film parte alla tot ora, in realtà quella è l'ora in cui è consigliabile entrare in sala, altrimenti le Maschere vi buttano fuori poiché per loro, mandare pubblicità/trailer conta come inizio della visione. Quando poi la sfilata pubblicitaria finisce, c'è ancora un bel dieci minuti di annuncio da parte del cinema stesso che invita le persone alla solite raccomandazioni: spegnere i cellulari, non filmare i contenuti proposti, non disturbate la visione degli altri e i più agghiaianti. Tra le raccomandazioni, c'era anche quello di mangiare ad un "volume contenuto" e di non fare troppo casino quando si consuma, altrimenti altri potrebbero perdere pezzi dei dialoghi per il casino. Ancor più agghiacciante, c'era la raccomandazione finale che, se uno degli spettatore vedesse qualcosa di strano, chiamare subito la Polizia.

Dovete sapere, che gli Americani hanno il culto del chiamar la Polizia per qualsiasi cosa che non sia in regola e che ogni ente, alla buona occasione, non perde tempo nel mandare un messaggio da parte del New York Police Department che invita a chiamare il celeberrimo 911 alla prima cosa fuori posto. Sinceramente, la cosa mi aveva un po' stranito e lasciato abbastanza perplesso. Non tanto per il messaggio in sé, quanto più per il fatto che questa raccomandazione era costantemente ricordata ai cittadini ogni tre per due in qualsiasi luogo pubblico si potesse ricordare come: metro, luoghi pubblici al chiuso (il cinema, appunto), attrazioni turistiche, ascensori, aeroporti ecc. Alla fine ci si lamenta tanto dell'Italia ma, come avete visto, all'estero spesso è peggio; ok che parliamo di una cosa innocente, ma nessuno qui in Italia si sogna di far aspettare così tanto per far vedere il film e concludere il tutto con: "noti qualcosa di strano, chiama gli sbirri". Capisco che il messaggio del NYPD sia a fin di bene, però non è la qualità delle intenzioni che stupisce, quanto più l'enorme quantità del messaggio ripetuto a più riprese e in luoghi dove una gran quantità di persone lo possano sentire. Ancora oggi mi chiedo se è sensibilizzazione, o indottrinamento.

Il mio Parere sul film:
E dopo l'excursus socio-culturale, passiamo al film: il seguito del Blade Runner di Ridley Scott basato sul romanzo di Phil K. Dick - Ma gli androidi sognano pecore elettriche? - ci è piaciutoci, o no? Ebbene si, ci è piaciuto molto.


La cosa che fa più giusta questo film, è una cosa che molti film non si rendono neanche conto di sbagliare: il tempismo. Blade Runner 2049 esce in un periodo in cui il mondo è pervaso da una grande instabilità. Lavorando con le scuole, mi rendo conto che la generazione "che ci pagherà la pensione" (rido ogni volta che sento la parola "pensione") è priva di molte delle cose che hanno quella del sottoscritto e quella prima ancora. E' una generazione che va avanti per inerzia, che fa quello che fa semplicemente perché deve essere fatto e qualcuno gli ha detto di farlo. Ricordo che, quando ero piccolo, non solo i miei genitori mi spiegavano il perché delle cose, ma anche le altre figure formative che ho incontrato nella vita si erano impegnate a farlo... Nel bene e nel male. Per quanto molti dei maestri/professori che ho incontrato nella vita fossero degli incompetenti da Guinnes dei Primati (quello delle scimmie, però) avevano comunque il pregio di avermi inculcato (spesso a posteriori) l'importanza di avere dei valori e di capire il significato dietro certe istituzioni; spesso, capivo queste cose in diretta contrapposizione alla loro incompetenza: se loro spiegavano accazzo, di conseguenza capivo l'importanza di una spiegazione fatta bene, dato che poi sarei cresciuto con lacune pazzesche.

Il seguito di Blade Runner arriva in un periodo come questo, facendo sicuramente meno scalpore del suo predecessore a livello mediatico - proprio perché non rappresenta la novità - ma questo non vuol dire che la pellicola non lasci parlare di sé in quanto efficace, come il primo, nei contenuti e nella rappresentazione di un mondo tecnologico e totalmente schiavo della tecnologia. Blade Runner 2049 è qui perché, come il prequel di Ridley Scott, sentiva il bisogno di rispiegare le tematiche di cui si è fatto portavoce ben trentacinque anni fa, spingendo gli spettatori ad alzare lo sguardo dai loro telefoni e guardarsi attorno, cercando di sistemare cosa c'è di sbagliato. Il film è qui, insomma, per motivi ben più nobili della semplice operazione nostalgia o della ignobile operazione commerciale di revival dovuto a sottrarre spettatori dalle serie tv e riportarli nelle sale cinematografiche. E' qui perché questa nuova generazione ha bisogno di un suo Blade Runner e di un film che spieghi a loro non solo delle tematiche che sono diventate la realtà del mondo di oggi ma anche, e semplicemente, delle tematiche da cui si possono trarre dei valori. Quelle che mancano al mondo d'oggi.


Siccome Blade Runner 2049 doveva essere un seguito non tanto della trama del precedente, quanto il capitolo in più che serviva per completare il manifesto del mondo futuro di Phil K. Dick, l'abile Denis Villeneuve sceglie di essere il più fedele possibile nel linguaggio audiovisivo (quasi replicando quello di Scott) optando per una colonna sonora principalmente composta da musica ambient con leggere influenze elettroniche per aumentare l'alienazione dello spettatore e - ovviamente - una regia dall'enorme qualità visiva accompagnata da una fotografia che cerca di essere funzionale alle sensazioni di solitudine e desolazione che vuole trasmettere la pellicola: sensazioni intenzionate a trasmettere emozioni fredde ed asettiche proprie del romanzo originale, ma mancanti del Blade Runner del 1982 oltre che sostituite per favorire la caoticità e la sporcizia. Ovviamente, la regia non sarebbe risaltata così tanto se gli scenografi non avessero scelto e creato dei set in grado di trasmettere quelle emozioni con il supporto di una regia golosa di lunghi campi, panoramiche e piani americani in grado di teletrasportare lo spettatore direttamente dentro il film e viverlo come se fosse parte integrante della storia.

Gli aspetti tecnici, quindi (supportati dalla regia, ma anche dalla recitazione) sono i punti di forza della pellicola, al contrario infatti della trama e dei dialoghi. Con questo non si vuole dire che la storia e le conversazioni/monologhi siano esenti da qualità, solo che - rapportati alla fotografia/regia/scenografia - non reggono il confronto. Rispetto al suo predecessore degli anni '80, il seguito non ha l'asciuttezza dell'originale e preferisce stordire di spiegazioni piuttosto che parlare per immagini allegoriche e simboliche; addirittura arriva persino in ritardo sulle intuizioni dello spettatore, telefonando pronti via alcune cose. Ma la forza interna del racconto, le tematiche che si impegna per valorizzare e la materia di cui è fatto, è così potente che trascina oltre, come una corrente.


Come dicevo prima, questa è una generazione che contribuisce a tener viva una società senza valori: e se ce li ha, sono insipidi. Uno sproposito di attentati, immigrazioni illegali e tutte le piaghe della società di oggi hanno contribuito ad indurire le persone, distorcendo il loro concetto di "umanità". Un altrettanto uno improprio della tecnologia e la spesso eccessiva importanza che le viene data, ha fatto si che quest'ultima si trasformasse a volte in un dio dell'inganno che comprometteva la veridicità di certe informazioni. Ed ecco che in una società che ha perso il concetto di umano e non sa distinguere tra la realtà e la finzione, ritorna Blade Runner a dire la sua. Cos'è reale e cosa non lo è, cosa è umano e cosa no erano i temi importanti e portanti dell'originale romanzo che qui ritornano con gentile prepotenza. Umano vuol dire solamente essere fatto di carne e ossa, oppure si riferisce alla qualità della sostanza di cui sono fatti i sentimenti che compongono l'anima? Citando l'opera di Masamune Shirow: si è umani guardando il materiale di cui è fatto lo shell, o ciò che lo contiene, il ghost?

Il film suggerisce che umani magari non si nasce, ma l'umanità è una conquista possibile, poiché spesso - anche nel mondo di oggi - ci è stata data prova che non sempre gli esseri umani sono i primi portatori di umanità e sbandieratori della stessa. A volte gli umani sono più freddi delle macchine e più meschini che mai. Ma a questo punto, se il concetto di umanità viene stravolto e anche un qualcosa di inumano fuori, è capace della più cristallina umanità, a cosa credere? Perché se l'umanità è un qualcosa che possiamo direttamente toccare con mano e vedere con gli occhi, automaticamente la nostra mente lo registra come "reale" soprattutto perché arriva da una persona reale, fisica, tangibile. Ma se quell'umanità arriva da un qualcosa di totalmente contrario e opposto a questa descrizione, allora cosa è reale? Quando le regole che sono diventate la nostra normalità, nonché le fondamenta della nostra quotidianità, vengono stravolte, cosa ci rimane?

In realtà, la domanda non è neanche questa, non è cosa è reale e cosa no, quanto più: cosa è per noi e quanto ci importa. Forse il cane di Deckard non è reale, ma è reale il legame che li tiene insieme. Forse i ricordi di K non sono reali, ma lo sarà stato il suo viaggio. E se per queste cose proviamo qualcosa, allora noi siamo umani e quello che proviamo è vero. E questo, qualcuno, doveva ricordarlo al mondo di oggi.


Molto molto buona, come dicevo, anche la recitazione, anche qualche attore spicca molto più di altri: Ryan Gosling, Harrison Ford, Jared Leto e Sylvia Hoeks sopra tutti gli altri, tanto per fare qualche nome. Leto e Hoeks si lasciano ricordare principalmente per aver portato sul grande schermo dei villain da manuale: tra i due, spicca ovviamente la Hoeks per il ruolo molto più attivo e per una caratterizzazione in continua evoluzione che ha fatto sicuramente onore ai "villain" del precedente film. Leto invece sta più sullo sfondo ma, quando compare, fa talmente bene la parte dell'industriale pezzo di merda/proprietario malvagio delle multinazionali tipici degli anni '80 da rubare la scena. Gosling invece risulta quasi spiazzante per la capacità dicotomica di presentare un personaggio fisicamente inespressivo e incapace di mostrate, coi movimenti facciali, nessuna emozione, o comunque degli sfoghi emotivi limitati e calcolati. Ma nonostante ciò, in grado di parlare e di descrivere quello che ha dentro con i suoi silenzi e il modo in cui si approccia alla situazione, delineando una figura tragica e tormentata: anche se non riesce ad esprimerlo come vorrebbe. Ford invece interpreta nient'altro che sé stesso ma, del resto, l'attore è nato per fare ruoli tipo Han Solo e Rick Deckard: e va bene così.

Altri attori invece non hanno saputo mettere a segno lo stesso risultato, delineando magari personaggi un po' troppo sempliciotti o poco interessanti. Questo perché, se reciti in una qualche maniera, si vede, al di là della lingua. E diciamola sta cosa, già che ci sono, già che ho l'occasione di vedere un film in lunga originale mentre sono nel paese di quella lingua. Molti hanno da dire sul doppiaggio, che le voci non sono azzeccate, che la traduzione è una ciofeca e questo non permette di gustarsi appieno la bravura degli attori. Beh, quinta rivelazione di Fatima: alcuni attori recitano male indipendentemente dalla lingua. A volte è davvero il doppiaggio che li salva, dando più personalità alla loro voce. La bravura non è delimitata dalla lingua. Il talento è internazionale.

Conclusioni:
Bello e imperfetto: proprio come gli umani di cui il film parla e cerca di farne riscoprire l'umanità. Blade Runner 2049 è una grande esperienza che merita di essere vissuta. 
- Symo

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