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sabato 19 marzo 2016

La Mano - Henning Mankell (la recensione)

A sto giro, post scritto per parecchio sentimento (poi capirete perchè) sull'ultima fatica di Henning Mankell e la sua creazione più affezionata dai fan: l'investigatore Kurt Wallander, protagonista del libro di cui andremo a parlare: LA MANO.


Trama:
Kurt Wallander potrebbe finalmente realizzare uno dei suoi vecchi sogni e trasferirsi in una casa di campagna, fuori Ystad. Un giro di ricognizione del giardino lo porta però a fare una macabra scoperta: dal terreno spunta lo scheletro di una mano umana. A chi apparteneva? Da quanto tempo quel corpo è sepolto in quel giardino? Nei poderi lì intorno, non c'è nessuno in grado di fornire una spiegazione. Con l'aiuto dei suoi colleghi e di Linda, la figlia da poco entrata in polizia, Wallander deve scavare indietro nel tempo e cercare di ricostruire la storia di una morte oscura. 

Il mio Parere:
"E allora? Com'è sto libro?". E' una domanda che mi faccio sempre, perché non c'è modo migliore per esprimere un parere su quanto appena visto/letto che quello di immaginarsi che qualcuno te lo stia chiedendo. Innanzitutto: l'acquisto di questo libro era fuori programma, volevo tenermi i soldi per qualche ristampa Marvel accattivante che la Panini sta pubblicando con prepotenza e senza ritegno da Giugno 2013, o magari per i numeri che mi mancano di 100 Bullets per essere finalmente in pari...però, vedere che questo racconto aveva vinto il Premio Raymond Chandler al Courmayeur Noir in Festival 2013, insomma, mi aveva incuriosito. Era da tempo che non leggevo un noir ed era da un pò che avevo voglia di qualche libro dalla trama coinvolgente e sopratutto corto. Desiderio esaudito, e appieno anche. Sono sopratutto soddisfatto di questo libro perchè, in primis, è stato un'acquisto fuori programma, dettato dall'istinto che potesse essere quello che cercavo...e così è stato, e una delle più grandi soddisfazioni che si possano provare è che i classici "acquisti a caso" si rivelino della autentiche scelte azzeccatissime. 

Per il libro in se invece, sono soddisfatto in generale di quanto ho letto. E' un noir a tutti gli effetti dove l'indagine in se porta a galla prove insolite e sviluppi più imprevedibili e sconcertanti dei termini stessi; un'indagine del presente che va a scavare un lontano passato e a far luce su un crimine vecchio di sessant'anni, un crimine tipicamente noir poichè la particolarità del genere sta proprio nella contraddizioni di personaggi e situazioni. Nel noir, infatti, non c'è la netta divisione tra bene e male, non ci sono personaggi dai voti solerti a regole che rispettano a tutto tondo e guai a infrangerle anche un minimo. Proprio no. Nel noir c'è il bene e il male, ma in entrambi, c'è un pochino anche dell'uno e dell'altro; il male, a volte, viene compiuto per un motivo benevolo e il bene deve compiere azioni maligne per far trionfare i valori in cui crede. La stessa cosa sarà per questa indagine dove (nella sua risoluzione) si avrà una situazione molto ambigua, dove sarà difficile distingue la colpa dall'innocenza...e qui viene il bello: starà al lettore decidere cosa giudicare. I ragionamenti, le motivazioni e le scelte perse nell'indagine non sono campate per aria e ad ogni sviluppo ha i suoi perchè studiati nel dettaglio, complimenti infatti anche allo scrittore Henning Mankel che ha fatto un bel lavoro di ricerca per dare questa impressione. 

Per quanto riguarda lo stile, sinceramente, credo di aver trovato uno dei miei tanti guru della scrittura. Mankell ha il dono innato e che non molti scrittori possiedono: quello della sintesi. Il creatore dell'investigatore Kurt Wallander ha questo bellissimo dono che il sottoscritto riuscì a riscontrare solo in Aghata Christie: l'abilità di caratterizzare con poche righe e con le giuste parole un personaggio, nonchè, quello di riassumere sempre con le stesse poche righe e azzeccatissime parole situazioni e stati d'animo. In due righe, massimo tre, Mankell dice il mondo, quello che altri scrittori forse sarebbero riusciti a dire con oltre venti righe. Un altro punto a suo favore, è che il libro è ambientato in Svezia e anche se Wallander presenta i tratti tipici del poliziotto noir anni '40/'50, egli viene reso originale dal fatto che è stato espatriato dal luogo dove questa figura del commissario ombroso e dai dialoghi monosillabici è nata (l'America) e trapiantato in una location ancora oggi troppo poco usata ma che (come dimostra questo libro) può offrire grande intrattenimento. 

Conclusioni:
Un gran bel libro, scritto in modo chiaro, conciso e senza troppi giri di parole. La trama è avvincente e ogni sviluppo crea nel lettore ulteriori motivi per divorarlo in poche orette, dato che ogni capitolo sembra quasi scritto come un romanzo a puntate (ed è anche facile, quindi, fare il punto della situazione nel caso si dovesse lasciarlo in stand-by per molti mesi). Consiglio questo libro a tutti quelli che vogliono avvicinarsi al genere noir o questo commissario che velocemente sta diventando apprezzato quasi quanto gli storici pezzi da '90 come Sherlock Holmes e Hercule Poirot...ma, sopratutto, a tutti quelli che voglio avvicinarsi alla lettura di libri dato che troveranno in quest'opera tutto quello che cercano da un libro: bello, avvincente e corto.


- Symo

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