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lunedì 20 marzo 2017

La Guerra Delle Armature (la recensione)

Come detto qui, diamo il via ad una nuova Rassegna Stampa che ci terrà compagnia per un bel pò! Dopo aver affrontato le produzioni cinematografiche di franchise come Lupin IIII Cinque Samurai e I Cavalieri dello Zodiaco, spostiamoci un pò sui fumetti: in particolare, su Secret Wars 2015. Da oggi in poi, ogni settimana, tratteremo di un volume/storia legata al crossover e ne faremo la recensione, fino a recensire tutti i volumi di cui è composta la saga. Questa volta si continua con LA GUERRA DELLE ARMATURE.

Dati Generali:
Testi: James Robinson
Disegni: Marcio Takara
Anno di Pubblicazione: 2015
Etichetta: Marvel Comics
Volume Contenente: Armor Wars #1-#5
Prezzo: 2,90 €

Trama:
Benvenuti a Technopolis, la città dove la tecnologia è talmente essenziale per la vita, che anche le persone comuni girano per le strade con una armatura addosso. E' il dominio della scienza e delle meraviglie del progresso tecnologico creata dai fratelli Tony e Arno Stark. Ma la pace di questo regno dei comfort viene interrotta quando un membro della comunità supereroistica viene trovato morto. Toccherà ad Iron Man e Thor Machine risolvere questo mistero.

Il mio Parere:
Avete presente quando un pronostico che vi fate su una trama diventa poi, lentamente, il vostro parere? Quando il sospetto che quella storia abbia la possibilità di far pietà, diventa la certezza che lo farà? Ecco, a me è successo con Armor Wars. Credevo che, di questa mini, la trama mi sarebbe piaciuta più dei disegni, visto che la versione Secret Wars 2015 della celeberrima saga della Guerra Delle Armatura aveva ai testi quel mostro che è James Robinson e alle matite il mezzo sconosciuto Marcio Takara. Oddio, "mezzo sconosciuto", ammetto che non l'ho mai visto seriamente all'opera, quindi non ero sicuro di cosa aspettarmi. E invece, rimani di stucco è un barbatrucco, è successo il contrario.


Di questa miniserie piuttosto insipida, i disegni di Takara sono la cosa che mi è piaciuta di più. Il disegnatore, dallo stile palesemente cartoonesco e più adatto al piccolo schermo che alla carta patinata, qui dimostra che, se ai nuovi talenti gli si da fiducia, possono dare il meglio di loro e superarsi. Indubbiamente complice il contributo dei colori di Esther Sanz, l'arte di Takara riesce a rendere egregiamente l'atmosfera pesante e di piombo che James Robinson cerca imbastire attraverso i suoi testi. Technopolis è una città scura, marcia, piena di ombre (profonde e che ti scrutano dentro come l'abisso di Freud) e di luci (fredde e asettiche come persona prive di emozioni). La location evoca tutto il meglio della regia del Blade Runner di Ridley Scott o dello stile british sfoggiato nei tempi in cui 2000 A.D. sfoggiava il meglio di Judge Dredd. Il character design, poi, è uno dei punti di forza del disegnatore, che qui si diverte a inventare e reinventare nuovi e vecchi personaggi Marvel investiti di variante dell'armatura di Iron Man. Il tutto è poi unito con uno stile dinamico, esplosivo ed espressivo, tipico appunto di chi ha avuto una formazione indirizzata verso l'animazione. Ogni scena, infatti, anche se è noiosa rimane comunque un filo interessante per la vita che Marcio Takara riesce a infondere nei suoi personaggi.

Il problema, però, arriva quando la vita deve infondergliela lo scrittore: qui un James Robinson che ha scritto questi cinque numeri in una settimana dove si è trovato a recuperare cinque anni di feste di San Patrizio perdute.


Apprezzabile "l'insegnamento" che si può trarre (con le pinze e il lanternino) da Armor Wars, ovvero l'incapacità di controllare il progressivo incedere della tecnologia e l'eccessiva industrializzazione di, beh, ogni cosa. Il punto è che l'intera miniserie ha una spiccata tendenza alla dispersione. Come i peggio scrittori, Robinson apre tremila parentesi e non arriva mai al punto, creando un mistero su cui si concentra poco salvo le battute finali della serie. L'uccisione del supereroe della mini è quasi un pretesto per scomodare diversi personaggi del mythos di Iron Man, rivederli sotto una nuova luce, e poi organizzare un sacco di botte ed esplosioni che sarebbero andati di traverso pure a Michael Bay. Alla fine a questo mistero si arriverà alla soluzione, però arriverà solamente perché è dovuto da una legge non scritta che prevede che ogni mistero abbia la sua risoluzione, quando Robinson ha dimostrato di volersela giocare più alla Twin Peaks: creare un mistero solo per giocare poi con la coralità del cast, idea che poi non ha pagato.

Le buone intenzioni c'erano eh, del resto parliamo di un talentuoso scrittore come James Robison, ma il tutto è stato dosato male. Vista così, sembra che Armor Wars sia quel compito infame, ingrato e degradante che i datori di lavoro affidano allo stagista perché loro non lo vogliono fare. Il lavoro sarà poi fatto, ma ovvio che lo stagista si romperà il cazzo e lo farà in una qualche maniera. Ecco, stessa cosa, cambiate lo stagista con Robison e il lavoro con Armor Wars.

Conclusione:
Armor Wars, se dovesse avere un sottotitolo, sarebbe: "la miniserie che vuoi leggere se soffri d'insonnia". Almeno ha avuto il pregio di mettere in mostra Marcio Takara, che merita seriamente di fare strada. Se dovete acquistarla, fatelo almeno per supportare questo astro nascente della matita.

- Symo

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