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mercoledì 20 gennaio 2016

X-Force: Destination Unknown (la recensione)

E anche oggi, parliamo di un altro, inculatissimo volume. Parliamo di X-FORCE: DESTINATION UNKNOWN

Dati Generali:
Testi: John Francis Moore & Joseph Harris
Disegni: Adam Pollina & Mike Miller
Anno di Pubblicazione: 1997-1998
Etichetta: Marvel Comics
Volume Contenente: X-Force (Vol. 1) #71-81
Prezzo: ND

Trama:
Danielle Moonstar, Siryn, Warpath, Sunspot e Tabitha Smith sono ciò che rimane di X-Force, la squadra fondata da Cable che ora sta fuggendo dal suo stesso leader. Non sapendo bene cosa fare, i cinque decidono di tenere un basso profilo e cominciare un viaggio alla scoperta di loro stessi e alla ricerca di un vero scopo da portare a termine. Intanto, qualcuno si muove nell'ombra e cerca di attaccare X-Force per vie trasversali, a cominciare da Roberto "Sunspot" DaCosta, il quale si vede i suoi fondi congelati e inutilizzabili. 

Il mio Parere:
La situazione editoriale di questo volume è praticamente identica a quella descritta in Excalibur Visionaries: Ben Raab: non sono sicuro che questo volume esiste, ma la sua pagina su Goodreads c'è, quindi andiamo sulla fiducia. C'è da fidarsi però, che in Italia queste storie sono arrivate eccome e sono state pubblicate su X-Men Deluxe #43-51 e il pubblico Italiano ha avuto modo di leggerle. Non dovrei fare paragoni con il volume di Excalibur citato qui sopra, ma va fatto per un semplice motivo: anche in Destination Unknown non si parla di supereroi, con delle piccole differenze. Su Excalibur non si parlava di supereroi per volontà/incapacità dello scrittore di orchestrare una trama superoistica come si deve, preferendo concentrarsi sulla caratterizzazione, parte della storia che più gli interessava. Qui, John Francis Moore trasforma appositamente X-Force una serie che ha tutto, fuorché il classico piglio dei supereroi, presentandola come la naturale evoluzione dell'originale status-quo descritto agli esordi della serie da Fabian Nicieza e Rob Liefeld.

Orfani della opprimente leadership di Nathan "Cable" Summers, i membri del gruppo si ritrovano spaesati e senza uno scopo ben preciso, decidendo di comune accordo di trovare la ragion d'essere di X-Force partendo per un viaggio on the road tra gli stati Americani alla riscoperta di loro stessi. Facendo questo, Moore trasforma la serie nell'Easy Rider dei mutanti, in cui la narrazione di formazione, le domande esistenziali, i rapporti interpersonali tra i membri del gruppo e pipponi filosofici simili a quelli proferiti in Fight Club saranno al centro del racconto. Ovviamente, lo sceneggiatore non si dimentica del fatto che sono dei supereroi e non mancheranno i momenti in cui (riluttanti) i protagonisti sfoggeranno i loro costumi e poteri per fronteggiare il cattivo di turno. Quello che poteva diventare una problematica chiamata "prodedurale mutante", viene sventata da come John Francis Moore orchestra le entrare in scena dei cattivi: non solo attraverso lunghe trame secondarie che sfociano in quella primaria, ma sopratutto come una "maledizione mutante"; ovunque vada X-Force, c'è sempre qualcuno che rompe, solo perché nei loro geni c'è la lettera X ed è loro destino non essere lasciati in pace, neanche quando si cerca di essere caratterialmente meno tormentati.


Per ogni scontro, splendidamente coreografato nonostante il pessimo stile di disegno, ci sarà sempre una spiegazione, e ogni vittoria e sconfitta, andrà ad arricchire caratteriale Warpath e gli altri. Purtroppo però, dove Moore riesce a sventare la problematica procedurale, incappa nella inevitabile fossa del teen-drama. Proprio così. La sua X-Force ha molti echi del genere teen-drama che tanto (a volte troppo) ricordano e ricalcano telefilm come Beverly Hills 90210. Del resto, anche i fumetti sono soggetti alla moda e molte volte anche loro si sono ritrovati ad abbracciare format magari spiacevoli solo per attirare più fette di pubblico, e negli anni '90, quel genere andava alla grande. A volte i dialoghi, la caratterizzazione e certe sottotrame (amorose e non) che legano i protagonisti l'un l'altro, saranno un pò troppo "da telefilm" ma nel senso dispregiativo del termine, perché orchestrate in maniera molto sempliciotta e ingenua. Inoltre, come già fatto intendere prima, le matite da Adam Pollina si presentano con una stile terribilmente anni '90 tendente al grottesco e fin troppo ispirato a Joe Maduriera, stile che non ho mai apprezzato e parecchio schifato; addirittura, si lascerà così andare a uno stile svogliato, che pure la battaglia finale con il villain di turno a tratti sarà noiosa, perché graficamente realizzata con poca voglia e pazienza. Cose dell'altro mondo. Negli anni '90 sono usciti proprio i peggiori cani nel disegno.

Conclusioni:
X-Force: Destination Unknown è un volume consigliato a tutte le fasce di pubblico, sopratutto ai fan dei mutanti, ma ancor di più a coloro che adorano storie fatte di continui cambi di location e che hanno per protagonisti giovani personaggi confusi, tormentati e imprigionati in una identità che ancora non capiscono. A volte la storia acquista troppo un piglio televisivo d'altri tempi, e per questo anacronistico in quanto stilema narrativo superato e decisamente figlio del suo tempo, ma Destination Unknown ha anche il pregio di essere una lettura scorrevole e veloce, quindi non sarà un difetto che si farà sentire poi più di tanto. Un buona buona storia da leggere tra un volume più impegnato e l'altro.

- Symo

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