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venerdì 6 ottobre 2017

Dylan Dog: Gli Inquilini Arcani - la recensione (Baloon Central #124)

Oggi, ho voglia di confrontarmi con un grande classico dimenticato della letteratura Dylaniata.


Dati Generali:
Testi: Tiziano Sclavi
Disegni: Corrado Roi
Anno di Pubblicazione: 1989
Etichetta: Comic Art

Trama:
Dylan Dog viene assoldato da diverse persone le quali hanno in comune quella di abitare nello stesso condominio conosciuto col nome di Castlevet. A quanto pare, però, dietro le disavventure e il contatto con il soprannaturale degli inquilini, si cela un misterioso essere che abita in uno degli appartamenti dell'edificio che, col suo occhio, scruta tutti senza mai essere visto. 

Il Mio Parere:
Sul finire degli anni '80/inizio anni '90, la rivista Italiana Comic Art, già da tempo offriva il suo spazio per dare notorietà a giovani autori esordienti. Per aumentare il bacino d'utenza, la rivista decise di ospitare nella storie di personaggi dal nome grosso, molti di questi appartenenti alla scuderia della Bonelli, come Dylan Dog, Martin Mystére, Nathan Never e Nick Raider. Tali personaggi erano protagonisti di storie originali prodotte appositamente per la Comic Art, puntualmente presenti o ripubblicati sulle riviste o gli albi speciali: rigorosamente a colori, su carta di maggior pregio e in formato più grande, mostrarono appieno al pubblico dei lettori la solidità dei testi e dei disegni che ne avevano decretato già il successo sui periodici popolari da edicola. Grazie a questa opportunità, i personaggi come quelli della Bonelli e i loro autori, potevano sbizzarrirsi in termini di tematiche, storytelling e linguaggio. Perché? Beh, perché era come fare un pigiama party da un amico, dove c'è alcol a volontà, il pieno di benzina, mezzo pacchetto di sigarette, è buio e tutti portano gli occhiali da sole.


Gli Inquilini Arcani è il nome che venne dato al volume - la cui copertina potete ammirarla come immagine d'apertura del post - che raccoglieva le tre storie apparse sulla rivista Comic Art con protagonista Dylan Dog per i testi di Tiziano Sclavi e i disegni (e i colori!) di Corrado Roi. Queste storie brevi, lunghe non più di sedici pagine l'una, si presentano apparentemente diverse tra loro, quasi come un trio di capitoli a sé stanti: aventi, però, qualche elemento in comune. In realtà, dopo la pubblicazione della terza e ultima storia, questo trio si dimostrerà invece una trilogia. E non tanto per gli elementi in comune, spesso determinanti, che accomunano le tre storie, come la presenza della stessa Dylan-Girl (Jill McCallum) e della stessa location (il condominio Castlevet).

Più che elementi come questi, il vero particolare d'interesse e che fa delle tre storie una vera e propria trilogia, è l'occhio che compare in tutte le storie, vero denominatore comune de Gli Inquilini Arcani che, come il proverbiale abisso di Nietzsche, scruta dentro i personaggi e dentro il lettore. Questa particolare costruzione a episodi/mini-capitoletti de Gli Inquilini Arcani (chissà se voluta o meno) conferisce alla storia una doppia potenza narrativa, fruibile al lettore sia in veste di trilogia - quindi come insieme corale di storie - ma anche di episodio auto-conclusivo. Insomma, sia che il lettore si legga una sola storia de Gli Inquilini Arcani, o tutte e tre, la potenza espressiva del lavoro del dream team Dylaniato Sclavi/Roi arriverebbe comunque. E' chiaro che, leggendole tutte e tre, si avrà una visione maggiore e più completa della storia.


Come conseguenza di questa particolare costruzione, ogni tassello che compone questa storia di Dylan Dog per Comic Art, è quella di avere delle caratteristiche ricorrenti in ogni storia, ma - contemporaneamente - un ritmo e uno stampo narrativo che donano un carattere proprio (e diverso) ad ogni episodio in questione. Per farvi qualche esempio, come elemento in comune abbiamo il più visibile e meno importante aspetto estetico; questo volume è una delle poche, documentate occasioni in cui Dylan indossa una comune giacca bianca, invece della celeberrima rossa. Qualche altro esempio più incisivo, invece, sta nella libertà concessa agli autori e che la coppia Sclavi/Roi mostra attraverso scene e battute. Le battute di Groucho, ad esempio, sono più taglienti del solito e spesso ammiccano a doppi sensi di tipo sessuale, roba che oggi sarebbero state censurate in tempo zero; addirittura, sul finire della prima delle tre storie, abbiamo una esplicita vignetta in cui una donna tocca i genitali di un uomo. Stesso discorso vale per Dylan - che qui è sempre il solito Old Boy cascamorto, ma ancora più scanzonato ed ironico - e anche per i comprimari, investiti di caratterizzazioni forti, frizzanti e caratterizzate in poche manciate di tavole. Gli autori non nascondono, fin dall'inizio, che questa non è una storia per la Bonelli (nonostante il personaggio sia il suo) e cercano di renderla più "d'autore" possibile, inserendoci anche svariate parolacce per sottolineare ulteriormente il tutto.

Contemporaneamente, ogni storia si presenta come il concentrato di uno degli spettri della personalità dello Sclavi scrittore, dove viene riversato un puro concentrato dei generi cari/che più sa meglio scrivere il papà di Dylan Dog.


Ne Il Fantasma Del Terzo Piano (prima storia delle tre) troviamo delle atmosfere, con tanto di citazioni, ricorrente nei film del regista Roman Polanski. Il tutto è tenuto assieme da uno Sclavi che mostra una versatilità che difficilmente riuscirà a ripetere in futuro, fornendo una narrazione cupa e dai toni rigidi, lasciato però spazio alle sue tipiche sequenze dissacranti e inaspettate.

Ne L'Appartamento N°13 (seconda storia delle tre) troviamo ancora delle spiccate citazioni che, sta volta, sono il risultato della fusione tra quelle care a Cornell Woolrich e Franz Kafka. Questa particolare, ma azzeccatissima, commistione di influenze dà la possibilità a Sclavi di affrontare una delle sue tematiche più affezionate e che sarà uno degli elementi di maggior fortuna di Dylan Dog: il concetto di identità e tutte le paure che ne comporta e il labile confine fra realtà e inesistenza è molto labile, oltre che il classico rovescio della medaglia finalizzato ad empatizzare figure negative come i mostri, ma che per Sclavi sono sempre stati più umani degli esseri umani.

Ne L'Incubo E' Finito (terza storia delle tre) si affronta il mistero dell'occhio. Qui Tiziano Sclavi da fondo a tutta la sua componente onirica e che, guardando il tutto con l'occhio dei posteri, si può tranquillamente dire che questa storia sarà uno dei precursori storici di storie come Caccia Alle Streghe. Sclavi accompagna Dylan/il lettore per una storia inquietante, claustrofobica e dal finale talmente criptico da essere decisamente indecifrabile: ma non per questo, meno d'impatto o meno orrorifica.


Il tutto è disegnato da un Corrado Roi in stato di grazia. A detta di molti, le sue tavole colorate perdono di effetto claustrofobico e avviliscono l'atmosfera horror: ma non in questo caso. In bianco e nero, c'è sempre la possibilità che il lettore - una volta sceso a patti con la sospensione dell'incredulità - dica che, comunque, niente di questo sia vero e sia solo un film in bianco e nero. A colori, invece, tutto rispecchia con la realtà che viviamo e che vediamo coi nostri occhi. Coi colori, i brividi che la storia conferisce si fanno sentire ancora di più e la suggestione quasi ipnotica che la storia emana si fa ancora più efficace, aumentando il livello di alienazione del lettore.

Conclusioni:
Gli Inquilini Arcani è una storia d'avanguardia Dylaniata, un banco di prova sia per gli autori coinvolti nella storia, sia per il suo protagonista e che confermeranno che il personaggio può raccontare storie decisamente più mature e più coinvolgenti. Questa trilogia di storie brevi rappresenta la quinta essenza del brivido: di piacere, di paura, di tensione, d'angoscia. Uno spettacolo che meriterebbe una ristampa in formato prestigioso.

- Symo

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