Questi giorni sono stati dedicati al recupero selvaggio di arretrati di alcune serie di cui ho perso qualche numero. Tra questi numeri c'è la serie Italiana di Thor dove, all'epoca, venivano pubblicati (assieme alle storie del Tonante) anche quelle di Capitan America e i Vendicatori. Tra questi, ho trovato una storiellina carina e interessante di cui parlare. Oggi parliamo di CAPITAN AMERICA: CAP VIVE.
Dati Generali:
Testi: Dave Gibbons
Disegni: Lee Weeks
Volume Contenente: Captain America #17-#20 (Vol. 4)
Anno di Pubblicazione: 2003-2004
Etichetta: Marvel Comics
Prezzo: ND
Trama:
1964. Capitan America viene trovato nell'Oceano Pacifico, scongelato dall'ibernazione e riportato nella sua patria natale...che, dopo la Seconda Guerra Mondiale, è profondamente cambiata. Ora Steve Rogers si ritrova in una America che ha perso il conflitto in favore della Germania Nazista, che ha conquistato gli ex-Stati Uniti e regna grazie al pugno di ferro del Teschio Rosso. Piegato, ma non spezzato, Cap si ritrova a dover riaggiustare le cose.
Il Mio Parere:
Cosa succede quando la cosa che odi di più al mondo diventa l'unica cosa possibile e ammessa al mondo? E' questa la domanda che si sono fatti due autentiche leggende della matita come Dave Gibbons e Lee Weeks, dove il primo si improvvisa scrittore e l'altro continua sulla sempre apprezzabile strada della matita. E che strada! Sempre al top il caro Weeks, ma questo, lo vediamo dopo. Il dream team Gibbons/Weeks prende in prestito l'idea di Phil K. Dick e immagina cosa sarebbe successo se nell'universo narrativo del capostipite per eccellenza del romanzo dispotico ci fosse finito uno degli eroi più All-American di sempre. Visti certi episodi passati, qualcuno potrebbe dire che non è bella cosa affidare i testi ad un disegnatore. Ma abbiamo fior fior di esempi dove degli artisti di fumetti sono partiti solo come disegnatori, per poi dimostrarsi anche scrittori decenti. Beh, questo è il caso di Dave Gibbons.
Il disegnatore maggiormente conosciuto per Watchmen riesce ad imbastire velocemente un universo narrativo vivo, vissuto, pulsante e pronto per essere sconvolto dall'arrivo del Capitano. Quello che ne esce è una lettura veloce, che si divora letteralmente in fretta e che si svolge con la più assoluta naturalezza, rendendo omaggio alle tipiche storie belliche pubblicate durante gli anni delle due guerre mondiali. Non a caso, infatti (anche per mezzo di citazioni più esplicite) i riferimenti a Joe Simon e Jack Kirby - i creatori di Cap - sono piuttosto frequenti, questo perché il duo Gibbons/Weeks volevano omaggiare quasi un secolo di pubblicazioni del personaggio ricostruendo gli echi e gli stilemi narrativi delle sue prime avventure. Grazie all'escamotage ripreso dal libro La Svastica Sul Sole, quelle atmosfere belliche ritornano prepotentemente e si lasciano enormemente apprezzare non solo per una impostazione classica, ma anche per una narrazione molto lineare ma che risulta enormemente scorrevole. Addirittura, Gibbons trova anche un modo per incastrare tutto nella continuity, senza però apportare sconvolgimenti radicali. Elemento da non sottovalutare e che impreziosisce la storia, poi, è la silenziosità del protagonista.
Cap qui parla pochissimo e i suoi baloon del pensiero non si vedono mai, trasformando il personaggio da una caratterizzazione attiva ad una passiva, esaltando ancora di più la greve atmosfera nazista. La maggior parte dei dialoghi sono affidati ai comprimari e ai villain, lasciando a loro il compito di scandire il progredire della narrazione e trasformando Cap in un bulldozer che sfreccia nella storia e si rende protagonista di celebri e ben studiate scene. Unica pecca a livello di storytelling, è la scelta dei comprimari, sia in termini di persona, che di quantità. I comprimari sono, ovviamente, i pezzi da '90 della Marvel come l'Uomo Ragno, Devil, i Fantastici Quattro, Thor, Iron Man, i Vendicatori, Hulk e il Dr. Strange. Il punto è che, non sono questi sono presenti in veste non supereroica (a causa della vittoria nazista) ma si comportano anche come le loro vere controparti. Scelta, insomma, un po' scontata e forse fin troppo lineare. Qualche cambio di caratterizzazione, giusto per smuovere un po' le acque, non avrebbe guastato.
Per le matite... Beh, per le matite. Che ve lo dico a fare? Cosa parlo a fare delle matite? E' Lee Weeks. E' semplicemente un mostro sacro del disegno. Un fuori classe. E' un insulto solo cercare di parlarne. Non ne sono degno.
Conclusioni:
Che succede quando The Man In The High Castle incontra Capitan America? Succede una storia particolare di Cap, raccontata in modo classico, ma che non sembra per niente vecchia.
- Symo
Il disegnatore maggiormente conosciuto per Watchmen riesce ad imbastire velocemente un universo narrativo vivo, vissuto, pulsante e pronto per essere sconvolto dall'arrivo del Capitano. Quello che ne esce è una lettura veloce, che si divora letteralmente in fretta e che si svolge con la più assoluta naturalezza, rendendo omaggio alle tipiche storie belliche pubblicate durante gli anni delle due guerre mondiali. Non a caso, infatti (anche per mezzo di citazioni più esplicite) i riferimenti a Joe Simon e Jack Kirby - i creatori di Cap - sono piuttosto frequenti, questo perché il duo Gibbons/Weeks volevano omaggiare quasi un secolo di pubblicazioni del personaggio ricostruendo gli echi e gli stilemi narrativi delle sue prime avventure. Grazie all'escamotage ripreso dal libro La Svastica Sul Sole, quelle atmosfere belliche ritornano prepotentemente e si lasciano enormemente apprezzare non solo per una impostazione classica, ma anche per una narrazione molto lineare ma che risulta enormemente scorrevole. Addirittura, Gibbons trova anche un modo per incastrare tutto nella continuity, senza però apportare sconvolgimenti radicali. Elemento da non sottovalutare e che impreziosisce la storia, poi, è la silenziosità del protagonista.
Cap qui parla pochissimo e i suoi baloon del pensiero non si vedono mai, trasformando il personaggio da una caratterizzazione attiva ad una passiva, esaltando ancora di più la greve atmosfera nazista. La maggior parte dei dialoghi sono affidati ai comprimari e ai villain, lasciando a loro il compito di scandire il progredire della narrazione e trasformando Cap in un bulldozer che sfreccia nella storia e si rende protagonista di celebri e ben studiate scene. Unica pecca a livello di storytelling, è la scelta dei comprimari, sia in termini di persona, che di quantità. I comprimari sono, ovviamente, i pezzi da '90 della Marvel come l'Uomo Ragno, Devil, i Fantastici Quattro, Thor, Iron Man, i Vendicatori, Hulk e il Dr. Strange. Il punto è che, non sono questi sono presenti in veste non supereroica (a causa della vittoria nazista) ma si comportano anche come le loro vere controparti. Scelta, insomma, un po' scontata e forse fin troppo lineare. Qualche cambio di caratterizzazione, giusto per smuovere un po' le acque, non avrebbe guastato.
Per le matite... Beh, per le matite. Che ve lo dico a fare? Cosa parlo a fare delle matite? E' Lee Weeks. E' semplicemente un mostro sacro del disegno. Un fuori classe. E' un insulto solo cercare di parlarne. Non ne sono degno.
Conclusioni:
Che succede quando The Man In The High Castle incontra Capitan America? Succede una storia particolare di Cap, raccontata in modo classico, ma che non sembra per niente vecchia.
- Symo
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