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venerdì 7 aprile 2017

Fury: L'Uomo Che Amava La Guerra - la recensione (Baloon Central #106)

Oggi parliamo di FURY: L'UOMO CHE AMAVA LA GUERRA. Perché? Perché ne abbiamo voglia.

Dati Generali:
Testi: Garth Ennis
Disegni: Darick Robertson
Volume Contenente: Fury #1-#6 (Vol. 1)
Anno di Pubblicazione: 2002
Etichetta: Marvel Comics
Prezzo: 6,00 €

Trama:
Il Colonnello Nicholas Fury è stanco, annoiato e disgustato dalla nuova faccia del mondo, a partire dallo S.H.I.E.L.D., che è ora in mano ai burocrati ed ai curatori di immagine. Il mondo somiglia sempre meno a quello che conosceva, un mondo dove per ogni cosa c'era il suo posto, e gli obiettivi e i nemici erano chiari e non soggette a confusionarie sfumature. Inizia a farsi sentire per lui la mancanza di cio’ che sa fare meglio, combattere, e pure ad un suo vecchio rivale che decide di far rivivere il passato a modo suo, coinvolgendo Fury in un intrigo internazionale solo per il gusto di assaporare per l'ultima volta una piccola guerra.

Il Mio Parere:
Come gli estimatori dell'arte hanno in casa un Picasso, gli estimatori del fumetto non si possono permette di non possedere un Garth Ennis, sopratutto se l'albo in questione vede alle matite Darick Robertson: socio con cui collauderà il violentissimo The Boys. Benché il Nick Fury che abbiamo davanti è quello dell'Universo MAX (linea iper-violenta e per lettori maturi in cui figura il Punitore dello stesso Ennis) e non quello classico, chi ha voglia di approfondire le proprie conoscenze del Direttore S.H.I.E.L.D. questa storia è praticamente obbligatoria. Il perché è presto detto.


A volte succede che un autore riesca a dire qualcosa di veramente importante su un personaggio dei fumetti quando questo non è strettamente legato alla (a volte) opprimente continuità. Purtroppo i lettori non vedo quasi mai di buon occhio i cambiamenti e, quando questi sono drastici, partono le lamentele. Con Internet poi, non ne parliamo. Questa continuità, però, è anche importante per gli editori, che hanno bisogno di una stabilità narrativa e continuare a stravolgerla con regolarità non va bene. Quindi che succede? A volte si da agli autori la carta bianca permettendogli di fare quello che vogliono con un determinato personaggio: con la clausola che tutto sia etichettato sotto la bandiera del "universo alternativo", lontano da quello ufficiale. Così si ottiene il massimo risultato con il minimo sforzo, perché se la storia andrà bene, passerà come azzeccata rivoluzione del personaggio; se invece andrà male, ci si potrà sempre avvalere della scusa sull'universo alternativo, e che "tanto non vale". Frank Miller è stato uno dei primi ad attuare questa tattica con un certo successo; Il Ritorno Del Cavaliere Oscuro non è in continuità, eppure, la sua opera è ancora oggi considerata la miglior interpretazione di Batman. Ecco, Garth Ennis ha fatto per Nick Fury quello che Frank Miller ha fatto per Batman: ha messo i puntini sulle i.

Ne L'Uomo Che Amava La Guerra ci sono aspetti del celeberrimo direttore dello S.H.I.E.L.D. che sono presentati in tutta la sua purezza, senza tagli, censure e/o annacquamenti volgari in stile Panaché. Fury è presentato come un duro, solere e integerrimo uomo che ha ben chiaro i suoi obiettivi e quello che le organizzazioni militari dovrebbero perseguire; obiettivi che porta a termine con ogni mezzo necessario e in maniera totalmente spregiudicata. Però, l'aspetto che lo differenzia e lo rende tutt'altro che eroico, è quello che viene dopo, forse la tematica che Garth Ennis adora analizzare di più nelle sue storie: i difetti e le debolezze dei personaggi, trattati da lui come persone aventi svariate sfaccettature e complesse personalità. In questa miniserie di sei numeri, Ennis valorizza ed estremizza un aspetto che Jim Steranko (l'autore che ha reso famoso Nick Fury) aveva sollevato, ma non aveva potuto sviluppare come voleva, poiché negli anni in cui scriveva i personaggi fatti di sfumature di grigio non erano ancora ben compresi ad apprezzati dal pubblico, più abituati a personaggi dall'allineamento bene/male ben chiaro. Ennis valorizza la doppia faccia del personaggio e le piccole/grandi ipocrisie di fondo, elementi che rendono Fury tanto un personaggio eroico e rivoluzionario, quanto una vecchia testa di cazzo retrograda e ai limiti della Gestapo. Pur di raggiungere il suo obiettivo, Fury farà di tutto, anche sollevare vespai mediatici pur di ottenere quello che vuole come lo vuole lui.

La miniserie è in tutto e per tutto una war story che, da una parte è il tipico prodotto alla Ennis, ma dall'altra rappresenta forse il suo esponente più particolare, proprio perché si preoccupa sullo sfondo di delineare il protagonista come una figura ambigua, tanto all'avanguardia quanto obsoleta. In più, perché Ennis analizza la dicotomia di Nick Fury con cui l'autore gioca su un campo inedito per il personaggio: il passaggio tra il 20° e 21° secolo, quegli anni a cavallo tra il fine anni '90 e i primi anni del 2000, quindi a stretto contatto con una realtà che sta cambiando nemici, obiettivi e desideri.


La narrazione, come ogni prodotto Ennissiano, è sopratutto condita con un godzillione di humor nero sopra le righe, massacri splatter, sequenze gore, scene grottesche e al limite dell'assurdo; il tutto confezionato con un nastro fatto del linguaggio più volgare che potete trovare in giro e tratteggiato dalle realistiche ma cartoonesche matite di Darrick Robertson, che ben si amalgamano con i testi dissacranti e irriverenti di Garth Ennis. Va detto che Robertson non è uno di quei disegnatori dallo stile impressionante o ricercato. Non ha uno stile che, insomma, buca la pagina e si fa ricordare dal lettore per qualche particolare dettaglio. Anzi! Si può dire che, rispetto ai suoi colleghi, Robertson può anche avere qualche lacuna. Però, ogni disegnatore cerca sempre di fare un connubio tra quello che li piace fare e quello che è bravo a fare, così da realizzare un risultato soddisfacente per disegnatore e pubblico. Ecco, Robertson sicuramente non ha uno stile appariscente, non colpisce sul varie/eventuali delicatezze del tratto o eleganti character design. Darick Robertson è sicuramente un disegnatore più d'azione, dal risultato rozzo e sporco. E' un artista che preferisce offrire il suo tratto ai testi e rendere concretamente quello che succede, cercando di ricreare quello che succede nella realtà.

Ha, insomma, uno stile funzionale alla narrazione, indubbiamente cinematografico e perfetto per lo stile di Garth Ennis. E' un disegnatore incredibilmente diretto che non lascia assolutamente spazio all'interpretazione: quello che succede nelle sue tavole, è quello che succederebbe a qualunque essere umano se fosse vittima o carnefice dell'azione rappresentata nella vignetta. Visto gli argomenti, le tematiche e le situazioni di Fury: L'Uomo Che Amava La Guerra, non poteva esserci disegnatore più adatto di Darick Robertson.

Conclusioni:
Non troverete in Fury: L'Uomo Che Amava La Guerra solo un prodotto che presenta violenza fisica e verbale fine a se stessa, ma sopratutto un'anima che denuncia le tragedie delle guerre, la corruzione del potere e il perbenismo politically correct della società americana. Al centro di questo ciclone di violenze a nastro, ci troverete Nick Fury: amareggiato uomo di mezz'età che sa qual è la sua migliore qualità e la mette al servizio di cosa considera il bene maggiore. Un soldato e non un guerrafondaio, con tutte le sottili ipocrisie del caso. Il  tutto, disegnato da un Darick Robertson più in forma che mai. Da avere.

- Symo

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