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lunedì 6 febbraio 2017

Wolverine: Vecchio Logan (la recensione)

Come detto qui, diamo il via ad una nuova Rassegna Stampa che ci terrà compagnia per un bel pò! Dopo aver affrontato le produzioni cinematografiche di franchise come Lupin IIII Cinque Samurai e I Cavalieri dello Zodiaco, spostiamoci un pò sui fumetti: in particolare, su Secret Wars 2015. Da oggi in poi, ogni settimana, tratteremo di un volume/storia legata al crossover e ne faremo la recensione, fino a recensire tutti i volumi di cui è composta la saga. Questa volta si continua con WOLVERINE: VECCHIO LOGAN.


Dati Generali:
Testi: Brian Michael Bendis
Disegni: Andrea Sorrentino
Anno di Pubblicazione: 2015
Etichetta: Marvel Comics
Volume Contenente: Old Man Logan #1-#5
Prezzo: 2,90 € (cad.)

Trama:
Fra le tante Terre sopravvissute al collasso del Multiverso Marvel, c'è Terra 807128: la casa del Vecchio Logan, versione invecchiata e con ancor più rimpianti dell'originale Wolverine. Come tutti gli altri mondi, anche il suo è annesso al maxi-regno di Battleworld...e la cosa gli puzza. Dopo essersi scontrato con un orda di supereroi in versione zombie, Logan decide di viaggiare per Battleworld alla ricerca della verità e di cosa o chi abbia reso possibile l'esistenza di questo mondo. 

Il mio Parere:
Sarò molto onestissimo: il primo numero mi è piaciuto un sacco. Riesce ad essere introduttivo, e contemporaneamente, a riallacciare la originale Old Man logan di Mark Millar e Steve McNiven con il mash-up multiversale di Secret Wars. Pur non andando pazzo per Andrea Sorrentino, i disegni si fanno sopportabili grazie a come Brian Michael Bendis riesce a caratterizzare Wolverine: che è il Wolverine che ci piace, quello tutto artigli e niente fronzoli studenteschi. Forte, aggressivo, diretto e scorretto, queste erano le caratteristiche del primo numero della miniserie Old Man Logan...caratteristiche che si perdono man mano per colpa di alcuni vizietti a cui lo sceneggiatore non riesce a resistere, cadendone vittima.


Indubbiamente, l'elemento trainante della storia in cinque parti è il Wolverine Vecchiardo (che per comodità, da adesso in poi, chiamiamo o Vecchio Logan o Vecchiardine) che riesce rendere onore e gloria alla originale caratterizzazione di Millar nella originale Old Man Logan, ma anche ad essere fedele col Logan bestiale, profondo e vissuto di Chris Claremont. Un Wolverine puro, insomma, che riesce a farsi apprezzare sopratutto vista la recente svalutazione e conseguente morte del Logan 616; qui Bendis riesce nel compito di rilanciare Vecchiardine e ricordare ai lettori che sta versione del personaggio esiste ancora e, non solo, dopo Secret Wars sarà più centrale e importante che mai (come mostra il finale della mini). I problemi? Andiamo in ordine.

Problema 1: Bendis è un grande dialoghista, ma spesso non capisce la differenza tra "parlare" ed "essere logorroico". Ecco, qui è fastidiosamente verboso: i dialoghi sono fin troppi, spesso inutili ai fini della trama, utili solo per macinare pagine, farlo interagire con personaggi a caso e arrancare fino al finale.
Problema 2: Dal rilancio Marvel NOW! a questa parte, Bendis c'ha sto vizio di scrivere su più testate e farle poi collimare in un crossover, vedi quanto successo con All-New X-Men e Guardians Of The Galaxy coi le storyline Trial Of Jean Grey e Black Vortex. Ecco, Old Man Logan ha il compito di fungere anche come traint d'union/crossover con Ultimate End: altra serie scritta da Bendis e permette di capire la presenza del Vecchio Logan nel canto del cigno dell'Universo Ultimate. Ce ne era bisogno? Dipende: se fatto bene poteva impreziosire entrambi i collegamenti, ma siccome è fatto male, risulta alquanto dispersivo e mal gestito. C'era un momento che poteva essere un punto alto di Old Man Logan, ma finisce a vino e tarallucci e, di conseguenza, nel dimenticatoio.
Problema 3: Troppi numeri. Lo sceneggiatore si era messo in testa di far durare questa storia cinque numeri e i problemi di cui sopra, sopratutto il primo, sono nati perché sistematicamente doveva durare cinque numeri. Una mini di tre era più che sufficiente. Sarebbe di certo durata poco, ma meglio una storia corta solida e incalzante, piuttosto che una lunga e annacquata da momenti fini nemmeno a sé stessi.


Aggravante parziale della mediocrità di questa miniserie sono le tavole di Andrea Sorrentino. Ripeto che lo stile non mi fa di certo impazzire perché troppo plastico nelle pose dei personaggi e inespressivo nel dare emozioni al loro viso. Nei disegni di un fumetto apprezzo sopratutto la capacità di trasmettere dinamismo e fluidità di movimenti, qui il disegnatore Italiano sembra che abbia fotografato dei manichini, presentando uno stile asettico, sterile e spoglio: che comunque ben si amalgama con location prettamente desertiche, però generalmente il suo è uno stile che non mi piace. In più, penso proprio che tutte quelle scene inconcludenti del viaggio del Vecchio Logan per Battleworld siano state fatte più che altro per esercizio di stile in funzione di Sorrentino, il quale ricoprirà il ruolo di disegnatore nella serie regolare Old Man Logan nel rilancio editoriale All New, All Different Marvel, quasi come se volessero presentare questo nuovo talento in pompa magna. Però va apprezzato il modo in cui riesce ad organizzare le vignette delle tavole, sempre in modo fantasioso, alternativo e ricercato, cosa che in futuro gli tornerà sicuramente utile.

Conclusioni:
Indubbiamente, Old Man Logan ha il suo perché e la sua importante funzione: quella di spiegare da dove arriva il nuovo-vecchio Logan, personaggio che andrà a fare Wolverine mentre quello 616 continua a dar da mangiare ai vermi. Però la miniserie è gestita malamente, dura troppo e lascia palesemente spazio al disegno e al suo esercizio di stile: cose che la rendono una lettura che annoia facilmente, sopratutto dopo un inizio promettente.

- Symo

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