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martedì 27 settembre 2016

The Beaver - la recensione (Pick A Card-Cer #83)

Continuiamo con la nostra sfilza di film che sto guardando in questi giorni? Ovvio che si! Ehi...un momento! Ma è tutta qui la tua introduzione? Deh, inventatevela voi una nuova introduzione ogni giorno! Vai con la recensione di THE BEAVER.


Trama:
Walter Black è un uomo infinitamente depresso. Per uscire da questa terribile condizione si è sottoposto ad ogni tipo di terapia esistente al mondo, ma invece di curare la sua triste condizione, quest'ultime non hanno fatto altro che peggiorare le cose, trasformando Walter in un uomo depresso....e pure pigro e incapace addirittura di spicciare le più semplici parole. La moglie lo ha sostenuto in ogni maniera possibile ma, avendo anche dei figli e un lavoro da portare avanti, decide di sbattere fuori di casa il marito non vedendo in lui nessun miglioramento ma nemmeno nessuna voglia di migliorare. Mentre Walter cerca una sistemazione trova per caso, in un cassonetto della spazzatura, un pupazzo di un castoro che impulsivamente decide di portarselo via con se. Dopo ben due tentativi di suicidio falliti (dove uno gli fa perdere addirittura conoscenza), quando Walter si sveglia ha l'illuminazione di usare questo pupazzo come una sorta di "maschera" e tornare a relazionarsi con il mondo al fine di guarire la depressione dandogli il nome di Mr. Beaver. Ma è davvero Walter Black che parla...o Mr. Beaver?

Il mio Parere:
Quando qualcuno sente che un attore si metterà nel ruolo di regista di un film, tutti, improvvisamente, come se fosse un riflesso istintivo del corpo, si toccano le palle. E invece succede la fu-Clarice Starling del Silenzio Degli Innocenti confeziona un film eccezionale, pieno di dramma, dove la malattia patologia di Walter viene fuori in tutta la sua tristezza e fragilità, dove il fatto che i protagonisti vivono in una situazione difficile si sente ed è talmente presente che se non stai attento ci vai a sbattere...e occhio, che è duro come l'asfalto. Forse il fatto è che al fulcro della storia ci sia una famiglia (cosa che, più o meno, hanno tutti) riesce a creare una sorta di empatia con lo spettatore e a trovare il modo di cercare di identificarsi con almeno un aspetto presentato dalla pellicola. Ma nonostante la Foster sappia il fatto suo, qui la vera star è Mel Gibson.

Sarò sincero, non sono un grande fan di questo attore, eppure in questo film non si può far altro che entrare nei panni di Walter Black: un uomo che, per fronteggiare la depressione, si nasconde letteralmente davanti ad un'altra persona. Il modo impacciato, che oscilla come un pendolo tra la tenerezza del riuscire ad uscire dalla depressione e dalla fiducia malata e insana che Black ripone nel fantoccio quasi permettendogli di sostituirsi a lui, è una metafora su come a volte vorremmo sfuggire alle responsabilità di affrontare la nostra tristezza. Il personaggio di Mel Gibson è un personaggio che, nella sua apparente semplicità, nasconde un lato dark più nero del petrolio regalando quello charm di complessità degno dei maggiori personaggi creati appositamente per il cinema. La sottile linea che divide Walter Black e Mr. Beaver non è mai stata così sottile, rendendo difficile capire chi dei due sia la vera marionetta e mettere addirittura in dubbio lo spettatore portandolo a chiedersi: "Ma è Walter che ha creato Mr. Beaver per salvarsi...o è Mr. Beaver che vuole salvarsi da un Walter che sta affondando?". Un dualismo che Jackyl & Hyde e Il Ventriloquo & Scarface si piscerebbero addosso dalla vergogna. Se, nella visione del film, qualcuno dovrebbe cominciare a pensare che a Walter non gliene freghi niente della sua famiglia...beh, pensato solo che dalla depressione è passato ad un disturbo bipolare, solo per tenerla insieme. Tanti padri sono disposti a fare sacrifici economici per i loro figli...ma quanti hanno il fegato di sacrificare addirittura la propria sanità mentale? Ed è infatti qui il punto che la pellicola, maggiormente, vuole toccare.

Alla fine dei film uno dei protagonisti dirà questa frase: "Vi hanno mentito quando vi dicevano che andrà tutto bene. Non andrà sempre tutto bene, a volte perderete tutto. Ma, di certo, non dovrete affrontare tutto questo da soli" (o almeno a grandi linee diceva così). Un messaggio deprimente tanto per spingere sul pedale dell'ottimismo del film? Nah, personalmente, la trovo una frase veritiera e molto realistica, la vita è più ingiusta di quanto si possa pensare...ma, almeno, abbiamo qualcuno con cui fare male comune e mezzo gaudio. Sembra una stronzata ma se ci pensate alla fine è la verità

Conclusioni:
Detto con il cuore: cazzo guardatelo. Anche subito, se potete. 

- Symo

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