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sabato 13 febbraio 2016

Il Discorso di Havok: Applausi o Pernacchie?

Uncanny Avengers #5 del 2013 è un numero che, in teoria, è famoso per un discorso tenuto dal fratello di Ciclope degli X-Men, un discorso che fece discutere lettori da ogni parte del mondo su social/forum/quant'altro riguardo la sua attendibilità. In pratica, non è tanto conosciuto per quello che Havok disse veramente, ma per come lo scrittore della serie Rick Remender reagì alle critiche negative che gli vennero fatte attraverso commenti sul web e le recensioni. Si offese? Dipende: c'è chi potrebbe vedere nel suo invito di "andare ad affogarsi nel piscio di un barbone" un consiglio salutista per curare la cellulite. Per quanto maleducato, bisogno dare a Remender quel che è di Remender: involontariamente, la sua risposta stizzita attirò persone di ogni genere, che si documentarono presto detto sull'argomento solo per poi rilasciare la loro opinione sulla rete, ingigantendo copiosamente la questione del "Havok's Speech". E' Internet, ragazzi, ormai funziona così: a volte un evento insignificante o di media importanza, diventa affare di stato, perché ingigantito con veemenza e ferocia dai navigatori della rete. A distanza di due anni dell'argomento, riprendiamolo in mano e parliamone cercando di tenere un profilo super-partes. Che vor dì? Seguitemi.


Prima di cominciare a parlare del discorso di Havok, facciamo un pò di mente locale e ricordiamo un pò le premesse della serie Uncanny Avengers. Primo titolo del rilancio conosciuto come Marvel NOW!, Incredibili Avengers (com'è stata tradotta la testata in Italia) segnava il punto d'inizio della nuova fase del Marvel Universe dopo gli eventi del crossover Avengers Vs X-Men. La peculiarità di questi Vendicatori, noti all'opinione pubblica del MU come Squadra Unione, consiste nel contare fra le proprie fila degli autentici veterani dei supergruppi Vendicatori e X-Men, che qui collaborano insieme in un unico team creato apposta aiutare l'integrazione dei mutanti nella società; la serie è stata scritta per tutti i suoi 31 numeri (25 numeri del Vol. 1, 5 del Vol. 2 e un Annual) dal sopracitato Rick Remender, accompagnato da diversi fuori classe della matita come Steve McNiven, Daniel Acuña e molti altri. Ora che ci siamo rinfrescati la memoria, torniamo a noi: che vuol dire che saremo super-partes? Nel senso che, a causa del comportamento maleducato dello scrittore, si è perso di vista quello che il discorso di Alex Summers voleva davvero comunicare: noi oggi siamo qui per questo, per offrirvi un chiarimento sulle sue parole e armarvi di chiavi di lettura con cui leggere l'Havok's Speech. 

Detto questo, per prima cosa, vediamo per intero le sue parole:



Da questo discorso, possono nascere due diverse scuole di pensiero da quanto detto da Alex "Havok" Summers: scuole di pensiero che rappresentano quello che il lettore vuole vedere/sembra aver capito dalle parole del leader della Avengers Unity Squad. 


1° Scuola di Pensiero:
Totalmente Fuori Caratterizzazione

Per chi legge fumetti da un pò e ha avuto modo di scambiare opinioni con svariati lettori di svariate testate, avrà sicuramente avuto modo di notare, che i fan degli X-Men rappresentano la tifoseria dei fumetti paradossalmente meno integralista di tutte. Sono sostanzialmente fieri della loro identità, che usano come scintillante stendardo da far risplendere alla luce del sole, gridando al mondo quanto sono fieri della loro condizione di appartenere a questo franchise che si è sempre comportato con una attitudine fortemente outsiderista. Non mi credete? Rileggetevi Guerre Segrete, quelle del 1984-1985, non il revival 2015, e guardate un pò come si comportano gli X-Men e ditemi se, tendenzialmente, un X-Fan medio-sfegatato non si comporta così: e infatti, se fate parte di qualsiasi gruppo chiuso di X-Fan, noterete quanto sono frequenti immagini e post che concludono il tutto con un bel "Mutant And Proud". 

E' quello che succede quando la società prende un ristretto gruppo di persone, aventi in comune una particolarità diversa da quella dell'immagine tipica della società, e comincia a creare dei paletti e a sottolineare la sua differenza, creando di conseguenza una minoranza. Succede che quella minoranza, dapprima spaventata e un pò sbigottita dalla reazione generale, finisce per esaltare quello che lo rende diverso e farne un'arma/scudo con cui difendersi dal mondo; vedete tutto quello che è successo nella storia, con l'integrazione delle persone di colore negli Stati Uniti e la nascita del concetto del Potere Nero. 

Quello che l'X-Fan ha visto nel discorso di Havok, è semplice disgusto di sé stesso e della razza a cui appartiene, trasformando un motivo di fierezza (l'essere mutante) in un insulto. Se ci pensate bene, infatti, il Potere Nero sta al Mutant And Proud, come la M-Word del discorso di Alex sta alla N-Word: iniziale della parola Inglese "Nigger" (in Italiano "Negro"), notoriamente considerata come un insulto dispregiativo alle persone di colore. Gli X-Men si sono sempre prestati come allegoria e come elemento di denuncia di temi come il razzismo, il diverso, l'integrazione della diversità et simila, presentandosi come lo specchio di situazioni che la società non prendeva sul serio, oltre che una metafora per poterne parlare: vedere queste cose, anche per un lettore che ha veramente sofferto per la sua diversità, è suonato come un clamoroso e voluto auto-gol. Non a caso, infatti, cominciarono le proteste via Internet.


E abbiamo scelto quella più simpatica ed innocente. 

In sostanza, quello che viene fuori dall'Havok's Speech, non è un desiderio di accettazione, come andava predicando e desiderando Charles Xavier ai suoi tempi, quanto più di assimilazione, una finta integrazione dedita però alla cancellazione totale del proprio retaggio: un pò come gli Italiani che, da semplici pendolari, si trasformano in residenti Svizzeri e cominciano a parlare male malissimo dell'Italia. Questo, per un lettore degli X-Men (testata che ha sempre promosso l'accettazione del diverso all'interno di una società che li ripudia) è parso ai suoi occhi come una pugnalata al cuore, come un tradimento, come un volersi omologare ad una immagine che non è mai appartenuto ad un fumetto che, piano piano, ha sviluppato una propria filosofia. 


2° Scuola di Pensiero:
Cambiare Le Cose Da Dentro

D'altro canto, non si può non notare che (per quanto espresse, forse, con le parole sbagliate) l'interno Havok's Speech sia non solo in linea con il personaggio, ma sopratutto sia intriso di una bontà d'intenti davvero potente. Prima di procedere oltre, risolviamo questo punto, quello della fedeltà del personaggio, che molti hanno però criticato. Forse non leggono da un pò la run di Chris Claremont, ma quando lo scrittore lo reintroduce poco prima della fase Australiana del gruppo, lo sentiamo svariate volte fare discorsi di questo tipo. Gli esempi si sprecano ma, attualmente, uno dei più incisivi che ricordiamo è quello contenuto in Uncanny X-Men #251 del 1989, che qui sotto vi riportiamo:


In quanto delineato da Rick Remender, c'è della coerenza riguardo alla descrizione caratteriale di Havok, personaggio da sempre intrappolato in questo discorso delle etichette. Anzi. Potremmo quasi azzardare nel dire, che il discorso delle etichette, sia un pò il tema portante del personaggio di Alex Summers, dato che pure Peter David (agli albori della sua prima, celebre incarnazione della X-Factor degli anni '90) continuò il discorso iniziato precedentemente da Claremont. Col suo discorso possiamo dire che il personaggio raggiunge l'esorcizzazione di praticamente tutti i suoi demoni personali e che, dopo anni, raggiunge finalmente un equilibrio. Detto questo, torniamo a noi.

Il cuore del discorso che Alex Summers cercava di raggiungere, è che tutti i problemi che i mutanti hanno avuto, è che c'è stata una parola per descriverli e differenziarli dal resto dell'umanità. Non si può negare la differenza di alcuni mutanti, sopratutto per persone come Nightcrawler o Arcangelo, ma non bisogna lasciare che il mondo funzioni ad etichette o a barriere linguistiche che, messe una dopo l'altra, formano un recinto in cui confinare tutto quello che non corrisponde all'immagine mainstream delle cose e delle persone. 

Le persone non sono statiche e, nella vita, sono tante cose per tante persone: siamo contemporaneamente amici e nemici di qualcuno, studenti, lavoratori, padri e madri di famiglia, membri di una squadra sportiva o di una associazione di vario genere, e la cosa più straordinaria, è che siamo tutte queste cose contemporaneamente per ogni minuto della nostra vita. Con il suo sprezzante "How about Alex?", Havok cercava di comunicare che le persone non dovrebbero giudicare altre solo per un singolo aspetto della loro personalità, suggerendo che è ora di smetterla di cercare di creare una gerarchia sociale e di mettere tutti sullo stesso piano: mutanti o non-mutanti, si è prima di ogni altra cosa esseri umani, cerchiamo di essere visti così. Quello che molti potrebbero vedere come un tentativo di Havok di seguire le orme di personaggi come Quicksilver e Scarlet Witch più visti come Vendicatori, che appartenenti alla razza mutante (quando ancora erano riconosciuti come tali), e quindi di omologarsi ad una immagine che non gli è mai appartenuta, sotto quest'ottica il suo unirsi alla Avengers Unity Squad è solo un trampolino di lancio per far arrivare la sua voce e il suo messaggio più lontani. Insomma, dopo tutto è stato introdotto da Capitan America, mica pizza e fichi. 


Queste, sono le due chiavi di lettura che si possono trarre dal discorso di Havok. Il problema, però, è che sta tutto alla base. Il dilemma, o meglio i dilemmi, è che c'è una sfida a mò di "oggetto inamovibile vs forza inarrestabile" tra il divieto di mettere etichette e le parole: una lotta eterna che sfocerà sempre in grandi e grossi fraintendimenti. Il problema eterno, è che le etichette sono una cosa da rifiutare perché le nostre differenze non ci identificano e non ci fossilizzano a luoghi comuni su di essi; ma dall'altra parte, fanno parte del linguaggio e dare un nome alle cose serve a riconoscerle/riconoscersi e spesso ad accettarsi. In più c'è Rick Remender, il quale, leggendo tra le righe dei suoi testi, si può intuire come si fosse posto come obiettivo secondario quello di toglie agli X-Men quell'aura da martire vittimista...ma forse, mentre era troppo preso nel sottolinearlo con la sua ironia, ha partorito un discorso non del tutto calibrato altamente fraintendibile. E se non siete convinti che uno dei temi di Uncanny Avengers fosse un "X-Men svegliatevi, cazzo!", leggete bene i dialoghi di questa tavola: l'ultima vignetta sopratutto.


E insomma. Wanda "Scarlet Witch" Maximoff, la donna che ha quasi mandato la razza mutante sull'orlo dell'estinzione, che dice ad uno dei pezzi da 90 degli X-Men che, lei e i suoi amici (sostanzialmente) si piangono troppo addosso. Se non è ironia questa. Ma torniamo a noi. L' Havok's Speech su Uncanny Avengers #5, come diciamo nel titolo, è davvero tutto così sbagliato? Forse la vera domanda da porsi non è questa. Forse abbiamo sbagliato la domanda e non è il caso di parlare dell'attendibilità del discorso, quanto più dei mezzi utilizzati per comunicarlo, che non fanno altro che alimentare la fiamma del fraintendimento. 

A voi, ora, carissimi Teleguardoni. Che ne pensate di tutto questo? Quali sono i vostri pensieri sulla faccenda? Commentate e fatecelo sapercelo. 

- Symo

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