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venerdì 3 novembre 2017

In quel di New York - Giorno 2


E siamo tornati. Come largamente anticipato qui, dal 11 Ottobre 2017 al 26 Ottobre 2017, il sottoscritto ha realizzato il suo sogno nel cassetto: andare a New York e vivere la città dove sono ambientate praticamene tutte le grandi storie Americane. Ora che siamo tornati a pieno regime con la vita di sempre, è il caso di ricominciare a scrivere qualcosa e pubblicare nuovamente degli articoli. Come primo nuovo passo ho pensato: "perché non cominciare riportando foto e testimonianze dell'esperienza a New York?". E direi che idea migliore di questa non ci può essere.


La giornata comincia molto presto per due motivi. Il primo: avendone le palle piene di tutti i macelli del giorno prima, quello che ho fatto è stato semplicemente infilarmi il pigiama e mettermi a letto… senza però farmi una dovuta ed umana doccia. Il secondo: la preoccupazione per il pagamento e le mie condizioni igieniche precarie mi regalano un sonno veramente instabile, tant'è che tipo alle sette e qualcosa sono in piedi. Scendo, controllo la situazione della carta e - accertatomi che tutto è regolare - pago e tutto funziona finalmente come avrebbe dovuto funzionare il giorno prima. Un peso è andato e mi sento decisamente più leggero. Questa storia del pagamento mi faceva sentire veramente come se fossi un ospite indesiderato, situazione già provata e accentuata dai controlli della dogana. Ora invece mi sentivo libero da debiti e pronto ad assaporare New York City

Visti tutti i macelli, decido che oggi non me la prenderò con calma: di più.

Mi alzo, mi dò una ripulita, mi vesto, faccio una veloce colazione e faccio un giro veloce, veloce per l'ostello, facendo poi qualche foto. In ordine: la cucina per chi voleva comprarsi qualcosa e cucinare da sé, i tavoli, il soggiorno con divani su cui mi sono fatto svariate penniche e tv, zona biliardo e socialità, locandina eventi attualmente disponibili a NY e reception.







L'ostello presso cui alloggiavo - L'International New York Hostel, uno dei più vecchi ostelli della città in attività dal 1934 - aveva anche una zona ristorazione niente male.


Guardate la disponibilità di pietanze a colazione.

Fatto questo, mi metto al tablet per studiare un attimo la mappa di New York. Ieri, avendo trovato problemi ad arrivare all'ostello, avevo chiesto informazioni ad alcune persone che aspettavano la metro; il gentile signore che mi aveva aiutato sembrava il nonno di Will Traval, l’attore che fa Frank Simpson in Marvel’s Jessica Jones. Era stato “Marvel’s Nonno Simpson” a dirmi che New York è fatta un po' come la griglia del gioco Tris e che è estremamente difficile perdersi. Aveva ragione, già al secondo giorno – sapendo che la cosa dei numeri e delle vie – sapevo orientarmi benissimo, come se avessi sempre vissuto li. La cosa viene appurata da come riesco a trovare il luogo per la mia attività di oggi: la visione di Blade Runner 2049 al cinema. Quello scelto è questo:


Il cinema AMC sulla 84 Strada. Da dove sto io – 891 Amsterdam Avenue – ci vuole circa mezzora a piedi, quindi decido di partire alle 10:30 per arrivare li alle 11:00 e qualcosa, per poi infilarmi in sala e spararmi lo spettacolo mattutino delle 11:15. Ebbene, il primo spettacolo di ogni film qui è alle 11:00 e si continua così fino tipo alle 01:00, se non forse anche più tardi. E anche sui cinema Americani qualcosa di interessante lo si può dire, soprattutto se rapportato a come sono quelli Italian. Ma facciamo che di questo se ne parla nella recensione del film, così da non appesantire troppo questi già di per sé lunghi post culturali.


Ma Blade Runner a parte, la giornata di oggi è sfruttata per due cose: cominciare fare le foto e a far vergognare pesantemente i Cinesi. Ed eccone alcune.











Uscito dal cinema poi mi si paleserà davanti la cosa più Americana dell'America stessa:


Il baracchino degli Hot Dog. A cui, ovviamente, si farà un pit-stop.


La seconda: assaporare alcune sensazioni ed emozioni che ieri avevo semplicemente registrato, ma che non avevo avuto l’occasione di elaborare molto bene a causa del casino e della tensione.

Il primo è come New York City non mi avesse colpito subito. Si, è il mio sogno che si avvera e che sto vivendo da protagonista, però la sensazione è che è come se l’avessi già vista in un’altra vita e – in questa vita – sia invece la seconda. In realtà questa è la mia prima volta, però New York è una città così accogliente e teatro di innumerabili opere di fantasia, che la prima volta è sempre la seconda: perché la prima, sta nella storia in cui l’hai conosciuta e ti sei detto “voglio vederla coi miei occhi”. Per dio, pure Alan Moore – uno dei più grandi fumettisti viventi – ha ambientato il suo Watchmen a New York! Vorrà pur dire qualcosa, no?

Le città sono fatte dalle persone che ci abitano e, collettivamente, quelle persone danno l’identità alla città: e i Newyorkesi sono tutte persone di campagna. Camminando per la città per raggiungere il cinema e poi per raggiungere l’ostello, osservo le persone e ascolto i loro discorsi: e della propria città, sanno tutto; vorrei dire “tutto di tutti” ma sarebbe esagerato: però della loro città sanno veramente ogni cosa. E con le persone si fermano a parlare, a scambiare opinioni, a raccontarsi cose, a diventare amici anche per dettagli insignificanti che – in altri posti – l’unica conseguenza a tale approccio sarebbe stato: “ma che cazzo vuole questo/a?”. Non c’è angolo che per loro sia un mistero perché loro, in questo posto, ci abitano e ci vivono; non sono come molti abitanti dell’Italia (me compreso) che abitano in un posto semplicemente per avere un tetto sopra la testa. Qui la gente si alza alla mattina, apre le fauci, affonda la punta dei denti nella città e – per tutta la giornata – i Newyorkesi affondando i denti; e quando vanno a letto, strappano il boccone e lo masticano per tutta la notte, dando loro l’energia per il giorno dopo. Un piccolo aneddoto per farvi capire.

Alla sera, mentre aspettavo che il mio caffè si scaldasse nella moka – da tutti invidiata, soprattutto da un gruppetto di Francesi che voleva fottermela – due signore di colore sulla trentina vestite col camice verde da infermiera, che probabilmente hanno staccato dal turno, si siedono starnazzando di qualcosa. Origlio spesso e involontariamente la parola “dick” (cazzo), quindi garantito al limone queste parlano di uomini e dei loro attributi. Ad un cerro punto, cala il silenzio. Big Mama Nigga 1 passa il telefono a Big Mama Nigga 2. Questa spalanca gli occhi come se avesse letto il peggior insulto della storia degli insulti. La seguente reazione potrebbe sembrare inventata, poiché sembra copiata da qualche telefilm da strapazzo coi personaggi di colore ultra-stereotipati. In realtà è successa davvero. Vi prego di credermi perché, come dirà poi la signora, New York al cinema è la città che recita meglio perché, semplicemente, non recita: è così. Dopo aver ridato il telefono all’amica, parte la Niggata che qui vi riposto testualmente, cercando di tradurre grammaticalmente anche lo slang:

  • Big Mama Nigga 2 (BMN2): Oooooh, did she s’ad that?
  • Big Mama Nigga 1 (BMN1): Mh-hm.
  • BMN2: Did she MEAN that?
  • BMN1: ‘Ah tink so.
  • BMN2: Ohumm’aggad. Omma’agad. OH. M’A. GAD.
  • BMN1: There she goes.
  • BMN2: Ohm’agad, Clarisse. I swear on Jesus baby lord: if this BITCH ghét’s her hands o’mma man… I swear, Clarisse, ‘Ahggonna wip h’er ass lik‘ah open a WINDOW!

Purtroppo non riesco a trattenermi e, per la Niggosità della scena, scoppio a ridere. Per salvare le apparenze, applaudo e dico di approvare la scelta violenta. BMN2, con il petto rigonfio di orgoglio perl’approvazione ricevuta, droppa il microfono dicendo: “See? Even da white man agrees with Leslie”. Dopo di che ci mettiamo un poco a conversare, parlando del più e del meno. Io mi scuso della risata, dicendo che vengo da fuori e sono qui in vacanza e queste scene ci sono solo nel telefilm. Lei mi da una pacchetta sulla spalla, dicendomi quanto riportato sopra. New York, come la vedi nei film, è così anche nella realtà.

Il secondo, è l’odore. Mi spiace dirlo, ma New York City puzza come i vestiti di un teenager in piena fase ormonale e smanettatoria del sexappiglio dopo educazione fisica, i cui suddetti sono stati poi rinchiusi in una valigia, nascosta poi nei più misteriosi antri della casa e lasciata li a marcire: per poi essere riaperta dopo quindici anni. Ecco, New York ha questo odore: di sudore preistorico imprigionato nell’ametista, poi rilasciato. Questo perché è una città decisamente sporca, ma non perché ci sia negligenza da parte del comune, la colpa è dei cittadini. Si, ho detto che sono gentili: ma essere gentile, a volte, non è un sinonimo di “aver compreso le buone maniere e metterle in pratica”. C’è sporcizia ovunque, la merda di cane soprattutto.

Per il resto, la giornata finisce qui. Dopo il film torno in ostello e mi rilasso, facendo questo nel seguente ordine:

  1. Guardare la 4x01 di The Flash;
  2. Mangiare gli spaghetti peggiori del mondo (qui non hanno sale grosso e olio per condimenti…);
  3. Farmi una doccia, finalmente;
  4. Guardare la 3x01 di DC's Legends Of Tomorrow;
  5. Guardare la 1x02 di The Gifted (e recensirla);
  6. Dormire per svegliarsi presto e andare a Central Park, dedicandogli tutta la giornata.



- Symo

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