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martedì 24 maggio 2016

Chinatown - la recensione (Pick A Card-Cer #69)

Continuiamo con la nostra sfilza di film che sto guardando in questi giorni? Ovvio che si! Ehi...un momento! Ma è tutta qui la tua introduzione? Deh, inventatevela voi una nuova introduzione ogni giorno! Vai con la recensione di CHINATOWN.


Trama:
Los Angeles, 1937. Un investigatore privato di nome Jack Gittes, occupandosi di un banale caso di infedeltà matrimoniale, viene piano piano trascinato in uno scandalo mediatico e in una apparente spionaggio industriale. 

Il mio Parere: 
Posso dirlo? Posso dirlo. Beh raga, sti cazzi. Non ho voluto dilungarmi troppo sulla trama perchè credo sia doveroso lasciarsi trasportare da una storia come un vero giallo, scoprendo gli indizi con la dovuta calma in questa sceneggiatura che rasenta la perfezione. Ogni situazione che accade nel film non casuale ma sono tutti piccoli tasselli che serviranno al protagonista (ma anche allo spettatore) per scoprire cosa c'è di losco in questa Los Angeles, che come vuole la tradizione noir, è lo specchio di una società corrotta, sporca, piane di arrivisti, arrampicatori sociali e gente disposta a tutto per ottenere quello che vogliono. Quello che il regista vuole mostrare con questo maestoso noir è che non tutto è ciò che sembra, è una continua ricerca della verità , del ribaltare questo meccanismo, tutto però nella versione nichilista e pessimista del regista. Un Polasnksi che avendo fatto proprio il genere horror si butta su questo giallo dalle tinte molto hard-boiled facendo propri gli stilemi classici del genere ma con un tocco magistrale e personale alla regia, riuscendo inoltre con le sue inquadrature a far cogliere importanti particolari. Per quanto riguarda gli attori, abbiamo qui un Jack Nicholson ancora non stereotipato nel ruolo del pazzo e che dona una interpretazione diversa e sorprendente, basta uno sguardo per comprendere i suoi sentimenti, prestante nelle scene d'azione, rappresenta un uomo spocchioso e sicuro di se ma incorruttibile e testardo pronto a mettere la ricerca a ciò che c'è di marcio nella vicenda sopra ogni cosa. La controparte femminile invece è Faye Dunaway che pochi anni dopo avrebbe vinto un Oscar per Quinto Potere, credo che basti come presentazione.

Conclusioni:
Una ricerca diversa del male quella del regista, che si annida dietro la facciata, un male profondo legato soprattuto alla moneta, una critica alla "politica", una critica al capitalismo. Un messaggio forte valido più che mai nei giorni nostri. Un film davvero imperdibile.

- Symo

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