E siamo tornati. Come largamente anticipato qui, dal 11 Ottobre 2017 al 26 Ottobre 2017, il sottoscritto ha realizzato il suo sogno nel cassetto: andare a New York e vivere la città dove sono ambientate praticamene tutte le grandi storie Americane. Ora che siamo tornati a pieno regime con la vita di sempre, è il caso di ricominciare a scrivere qualcosa e pubblicare nuovamente degli articoli. Come primo nuovo passo ho pensato: "perché non cominciare riportando foto e testimonianze dell'esperienza a New York?". E direi che idea migliore di questa non ci può essere.
Anche questa giornata comincia molto presto principalmente per un motivo solo, ma che giustifica tutta la levataccia alle 05:00 del mattino. Nel Giorno 3 del mio soggiorno a New York, ci si sparerà tutto Central Park. Sicuramente qualcuno mi darà del pazzo, vista la decisione di spararmi tre/quattro chilometri e passa di parco in una sola giornata, cosa che potevo fare benissimo spezzettata in più giorni. Il punto è che di cose, da vedere, ce ne sono un sacco a New York, e se si va con la mentalità del "devo vedere ogni singolo angolo perché questo è il mio sogno che si realizza" allora due settimane possono non bastare. Se te la vuoi prendere pure con calma, allora è il caso di dedicare una giornata intera a certe attrazioni, così da ottenere il massimo risultato col minimo sforzo. Ma comunque.
Come si diceva, la giornata inizia alle 05:00 del mattino per un paio di motivi. Il primo, è perché il mio scombussolato corpicino sta ancora scendendo a patti con il jetlag e la turbolenta giornata dell'11 Ottobre. Il secondo, è per avere a disposizione più tempo possibile. Insomma, finché fai tre/quattro chilometri tutti dritti, diciamo che non li senti. Però qui si parla di un parco dove i monumenti che offre sono sparsi per le zone della sua rettangolare forma, quindi è impossibile calcolare con certezza quanto ci si impiega, soprattutto perché se si è compulsivi come il sottoscritto e si vuol vedere tutto tutto come ho fatto io, bisogna fare un po' di zig-zag e il tempo per passare da una parte all'altra va contato, ma è comunque impossibile calcolare un vero e proprio itinerario. E da una parte è pure meglio. Del resto, non c'era fretta. Ma la smania di assaporare ogni aspetto di questa città mi aveva fatto venire una fame bulimica così vorace e incontrollabile, da spingermi ad abbuffarmi a più riprese nella e della Grande Mela. E a proposito di fame, un altro dei motivi della levataccia fu quello di caricarsi ingordamente per la lunga sfacchinata, cominciando a mangiare i celeberrimi cibi Americani saturi di schifezze.
Uscito dall'ostello, mi reco al Metro Diner, tavola calda tra la Broadway e la 100th Street di New York dall'arredamento anni '20/'30, ma che invece esiste dal 1995.
Qui ordino una porca pietanza che sono stato felicissimo di ordinare e mangiare, ma che impiegherò ben due giorni per digerire completamente, un po' perché lo stomaco di chi vi scrive non è tanto capiente, e un po' perché... Beh, adesso lo vedrete dalla foto.
E un po' perché è una bestia. Il suo nome era Lumberjack Pancakes, piatto in cui sono radunate tutte le pietanze mangiate dagli Americani a colazione; nel piatto potete vedere: prosciutto affumicato, salsiccia, pancake (ovviamente, altrimenti non si chiamava così) frittata sbattuta e pancetta. Aggiungerò poi il celeberrimo sciroppo d'acero e del burro per completare la lorda opera in grande stile; intanto, in Italia, sentivo il mio medico di fiducia sfregarsi le mani e crogiolarsi in una soffocata risa malvagia, mentre i suoi occhi emetteva la luce color smeraldo e, quando sbattevano, emettevano il suo del registratore di cassa. Ma stronzate a parte, questa colazione che quasi stava per farmi vomitare per la sua enorme mole, doveva essere fatta, per via del viaggio in aereo. Nonostante il cibo dell'aereo non fosse male, non regge il confronto con qualsiasi cibo di terra; nel Giorno 1, poi, avevo così lo stomaco sottosopra da non avere fame, così ecco che mi ritrovo a dover reintegrare un po' di forze. Beh, è andata a finire che ne ho reintegrate così tante, da averne per due giorni.
Finita la colazione (che ha fatto pure da pranzo e cena, per quel giorno) mi appresto a pagare e comincio a venire a patti con la cosa che, ancora oggi, mi da più fastidio dell'America: le tasse. Ogni cosa che si compra in America, subisce poi una tassazione, un po' come se si applicasse al momento l'IVA. Non è lo stesso principio, ma è giusto per farvi capire il meccanismo. La cosa mi darà un sacco di fastidi con il prolungarsi del soggiorno USA ma, per il momento, non affrontiamo l'argomento e andiamo avanti.
Uscito dal Metro Diner mi appresto a raggiungere l'entrata nord di Central Park. Nonostante fossi parecchio vicino al parco (diapositiva, grazie)
da vero turista, decido che il parco andava visto tutto: dall'inizio, fino alla fine; da nord, verso sud. Così si parte alla volta dell'entrata nord. Per farvi capire dove si trova l'entrata, cercate nell'immagine qui sopra la via Central Park West e andate su con lo sguardo, fino alla rotonda colorata di verde. Ecco, quella è l'entrata nord. Guardata la strada, si parte alla sua volta. Ovviamente, prima di arrivare a Central Park, mi gusto la città nella frenesia del mattino. Anche perché, per me era vacanza, ma per tutti gli altri era Venerdì, ergo c'era ancora chi lavorava e chi andava a scuola.
Ed eccolo lì, infatti, il celeberrimo autobus scolastico color giallo. Non è una grande foto, ce ne saranno di migliori nei prossimo post, però intanto l'ho inserita per farvi vedere che la maggior parte delle autovetture che scorrazzavano quella mattina erano queste. Comunque, nel raggiungere l'entrata, troverò nel tragitto due chiese che scoprirò essere abbastanza conosciute.
La Cattedrale di Saint John the Divine, il cui nome completo è Cathedral Church of Saint John: The Great Divine in the City and Diocese of New York (cioè Cattedrale di San Giovanni: il grande divino nella città e diocesi di New York). E' forse la chiesa più famosa del continente Americano, in quanto è la chiesa protestante più grande al mondo, sebbene sia incompiuta. Nel 2003 è pure entrata nella lista dei luoghi storici da preservare della città di New York stilata dal New York City Landmarks Preservation Commission, organizzazione che si occupa di valorizzare e tenere sempre curati i luoghi storici della città, in quanto c'è pure una legge che impone ai cittadini di avere rispetto di questi luoghi in quanto danno carattere e identità alla città. Tra questi luoghi c'è anche l'ostello presso cui soggiornavo, in attività dal 1934.
Vicino alla cattedrale era posto un parco dove, al suo interno, c'era la Fontana della Pace.
NDR: Maledetto pollice del cazzo...
Scolpita dallo scultore Greg Wyatt nel 1985, la Peace Fountain raffigura la lotta tra l'Arcangelo Michele e Satana, simboleggiando la fatica e la a volte crudezza della lotta tra il bene e il male. Nonostante la fontana rappresenti una immagine presa dalla Bibbia Cristiana, l'autore dedicò la statua a figure notoriamente non-cristiane e/o atee come Gandhi, Socrate, Einstein e John Lennon. Cosa curiosa di quest'opera: anche se si chiama "fontana", nella struttura non c'è nessun meccanismo in grado di emettere acqua.
Non manca pure qualche foto pseudo-artistica o comunque che mi faccia illegalmente appioppare l'appellativo di "fotografo", cosa che non sono. Ma già che parliamo di questa foto, quest'ultima è stata scattata a circa un 300 metri dalla rotonda verde di cui s'è parlato prima. Ergo si era veramente vicini all'arrivo.
E infatti, eccola qui. Questa è l'entrata nord di Central Park e da qui comincia la nostra scampagnata. La visita del parco durerà circa cinque ore poiché, come detto prima, non mi bastava "vedere" e basta. Dovevo azzannare e assaporare mentre azzannavo; poi staccare con lenta veemenza il boccone e assaporarlo di nuovo, prima di mandarlo giù. Stavo vivendo il sogno che avevo da piccolino e volevo che durasse il più possibile. Anche se, devo essere onesto e confessare la cosa. Anche se Central Park era una delle cose che volevo vedere assolutamente, mi convincerò solo il 17 Ottobre che quello che ho visto finora, e quello che vedrò fino al giorno della partenza, non è un illusione. Ma ci torniamo alla fine su questo punto. Per il momento, godetevi le foto del parco accompagnate da qualche info presa sul posto dai vari cartelli informativi sparsi per il parco dedicati ai turisti o chi, semplicemente, voleva qualche informazione in più.
Allora, Central Park. Indubbiamente, il parco più grande della città di New York, oltre che uno dei più grandi dell'America, oltre che tra i più famosi per via delle sue numerose comparsate in film e telefilm. Si sentì il bisogno di uno spazio verde così grande a causa di uno smisurato aumento della popolazione, la quale quadruplicò in un periodo compreso tra il 1821 e il 1855. I lavori cominciarono circa due anni dopo, nel 1857, dopo che il comune mise a gara il progetto, vinto poi dai due architetti/urbanisti Frederick Law Olmsted e Calvert Vaux. La costruzione richiese un frappo di tempo, tant'è che - ufficialmente - Central Park aprì al pubblico nel 1873.
Tra le attività che è possibile fare nel parco, come tutti i parchi, è scendere il cane per pisciarlo.
Ovviamente, il parco è parte del New York City Landmarks Preservation Commission; venne inserito in questa "Hall of Fame" dei posti belli nel 1962.
Anche il tennis è tra le attività praticabili a Central Park; infatti, sono numerose le strutture attrezzate per praticarlo munite di tutto il necessario. Ecco, in America, c'è una strana cultura dietro il tennis. Mentre per qualcuno potrebbe essere uno sport da praticare con serietà e dedizione, per loro è una attività del cazzo da fare prima di spararsi otto (se non di più) merdosissime ore in ufficio. In Italia, c'è la cultura del "andiamo a farci due passi in centro" oppure della classica corsetta Domenicale o post-lavoro. Lì questa mentalità viene applicata la tennis, al contrario della corsa, che in USA è questione di vita o di morte: soprattutto per i Newyorkesi, vista la loro famosa Maratona.
Già che ci sono, un piccolo consiglio di vita vissuta. Se siete delle capre in Geografia e ancor più capre con l'orientamento, cosa che Ryoga di Ranma era Marco Polo a confronto, amerete fino all'infinito Central Park, perché sarà il vostro Meridiano di Greenwhich Newyorkese. Central Park è posizionato esattamente al centro dell'Isola di Manhattan, oltre che al centro dello Stato di New York, cosa che vi permette di capire in maniera semplice e cristallina i Quattro Punti Cardinali. Se non ci fosse stato quello che chiamano "Il Polmone Verde di New York", probabilmente non avrei mai imparato a giostrarmi con la metro, cosa più complicata del cervello umano.
Dopo una bella ora di camminata, ci si comincia ad addentrare nella parte centrale - nonché la più fitta - di Central Park. Ufficialmente, il centro del parco comincia con il lago artificiale Jacqueline Kennedy Onassis Reservoir.
Originariamente chiamato Central Park Reservoir, il lago era un bacino idrico per la distribuzione dell'acqua, costruito fra il 1858 ed il 1862 e dismesso dopo 131 anni di onorato servizio in favore di un nuovo impianto inaugurato nel 1993.
Nel 1994 venne rinominato Jacqueline Kennedy Onassis Reservoir in onore della first lady Jacqueline Kennedy Onassis, vedova di John Fitzgerald Kennedy (35º presidente degli Stati Uniti) e poi moglie dell'armatore Aristotele Onassis. Il cambio di nome venne attuato per commemorare il contributo della affettuosamente soprannominata Jackie alla città di New York e la sua abitudine di fare jogging proprio attorno al lago artificiale, che poteva essere visto dal suo appartamento sulla Fifth Avenue. Anche la pista di jogging che circonda il lago è dedicata alla sua memoria ed è lunga 1.58 miglia (2.54 km). La visita poi prosegue.
Il parco è ad esclusivo uso dei pedoni e dei ciclisti. Gli unici autorizzati ad entrare con autovetture erano i poliziotti, muniti di mezzi griffati della polizia di qualsiasi tipo, tra cui:
L'Ape Car. Best Police Vehicle Ever.
Per attraversare alcune parti di Central Park, bisognava fare capolino su strade principali, soprattutto per le attrazioni alle estremità dei due lati. Superato il Jacqueline Kennedy Onassis Reservoir, andando avanti per un bel po' di metri ci si comincia ad addentrare nel vero centro di Central Park; se proprio dobbiamo trovare un punto centrale del parco, questi potrebbe sicuramente essere la parte che si affaccia al Metropolitan Museum of Art (visitato nella sua interezza il 16 Ottobre). Ad accoglierci nel centro del parco troviamo
Proseguendo, arriviamo al Castello Belvedere, castello in miniatura costruito da Calvert Vaux nel 1869. Deve il suo nome al panorama che si può vedere dalle sue mura; è infatti uno dei punti panoramici più belli di New York. A nord si affaccia infatti sul Great Lawn, lo spazio verde più esteso di Central Park e dove ci si può rilassare o assistere a dei concerti.
Per la città, il castello è un luogo piuttosto importante, dato che dal 1919 il servizio nazionale di meteorologia prende le misure per stabilire con certezza la temperatura .Ancora adesso il servizio misura la velocità del vento e la direzione dalla torre del Belvedere Castle grazie all'aiuto di strumenti scientifici. Il Belvedere Castle è aperto tutto l’anno e può essere visitato in qualunque stagione dalle 10:00 fino alle 17:00, ad eccezione del Giorno del Ringraziamento, del giorno di Natale e del 1 Gennaio.
Group Of Bears. Una scultura in bronzo raffigurante tre orsi costruita nel 1960 da Paul Manship, ispirandosi molto probabilmente alla favola di Riccioli d'Oro e i Tre Orsi, favola molto sentita in America e raccontata una volta si e l'altra pure ai bambini. Venne commissionata dal comune in quanto cercava un simbolo da porre nelle prossimità di un parco giochi per bambini. Venne messo nella sua attuale posizione nel 1990.
Come dicevo, per andare da una parte all'altra di Central Park, spesso si doveva uscire e finire in strada, poiché - essendo il parco proprio al centro di Manhattan - passavano delle vie principali che servivano ai cittadini per passare dall'Upper West Side al Upper East Side, o viceversa. Ovviamente non attraversavano proprio il parco, nel senso che ci potevi entrare con la macchina; semplicemente, le strade immettevano le auto vero delle gallerie che passavano sotto: ma comunque, a volte, per attraversare si doveva andare in strada.
La cosa spesso era voluta, non solo per necessità urbanistico-stradali, ma anche per mettere in evidenza luoghi culturali, come Metropolitan Museum of Art (visitato nella sua interezza il 16 Ottobre). Ecco, qui siamo circa a metà di Central Park e quando ho scattato questa foto erano circa le 10:30. Visto il MET da fuori - per il momento, da fuori - mi reimmetto del parco e continua la visita.
Dopo qualche metro, si arriva ad un'altra zona dedicata ai bambini: la statua di Alice Nel Paese Delle Meraviglie. Costruita nel 1959 da José de Creeft, la statua fu un idea di George Delacorte - fondatore della casa editrice Dell Publishing - nel tentativo di inculcare ai bambini la passione per la lettura fin dalla tenera età. La scelta ricadde sul romanzo di Lewis Carroll perché non solo la sua è una storia accessibile ad ogni fascia di pubblico, ma anche perché piena zeppa di creature stravaganti e sequenze narrative che manco i Beatles al loro ritorno dall'India e che sicuramente avrebbero affascinato i bambini.
Fin dalla sua creazione, la statua venne pensata come un'opera interattiva, dove i bambini potessero salirci e giocarci. Infatti, molte della parti della statua sono schiarite per questi motivi. Per tanto, al contrario di molte sculture poste nel parco, le persone sono invitate a salirci sopra e a toccarla.
Attorno alla statua erano poste delle placche con delle rime prese dal libro. Qui ho messo quelle che si vedevano più chiaramente, che sono: Twinkle, Twinkle, Little Bat del Cappellaio Matto (capitolo sette) e Jabberwocky (capitolo uno, preso però dal seguito: Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò).
La statua si Alice si affaccia sul Conservatory Water, uno dei pochi laghi naturali del parco e già presente quando il comune avviò la gara d'appalto nel 1857.
Piano piano, venne reso un luogo di relax e dove poter passare giornate tranquille.
Ma anche serate brave. Ecco, visto che ci siamo, diciamo sta cosa. Gli Americani come sono messi a livello di politica del bere? Essendo stati colonizzati dagli Inglesi, il culto del bere fa parte della loro cultura ed è promosso alla grande: con le ovvie limitazioni del caso (non bere prima di mettersi alla guida ecc.). Non hanno la fama internazionale di gran sbevazzoni come i Crucchi e gli Inglesi, però si difendono bene. Soprattutto valorizzano delle zone sicure in cui è possibile bere, poiché prima di ogni altra politica, viene sempre una filosofia a cui sono molto, molto cari: fai quello che vuoi, basta che non rompi i coglioni - e il divertimento - agli altri. Per il bere è lo stesso. Ubriacarsi va bene (e i bar sono i primi che ti invitano a farlo) però non devi farlo per infastidire ed essere molesto con gli altri: e se devi farlo, allora sei pregato di andartene a fanculo in qualche angolo. Su questa cosa, gli Americani sono un popolo molto rigido; forse perché la vedono come una offesa alla libertà degli altri e, come si sa: "la mia libertà finisce dove inizia la tua".
Qui è dove si potevano affittare delle barche per poter esplorare l'altro lago più grande del parco, chiamato con grande originalità The Lake.
Qui invece arriviamo a Bethesda Terrace, punto in cui si incontrano le strade e i sentierini del parco. Strutturata su due livelli, si presenta con un’ampia piazza dominata al centro da una fontana, Bethesda Fountain, e collegata ad una terrazza tramite due scalinate. Dalla terrazza si gode una bellissima vista sul lago, dov’è possibile noleggiare una barca a remi per una giro divertente con amici o fidanzate/i.
Pensata per essere il cuore di Central Park, Bethesda Terrace ha da sempre rappresentato anche il punto di partenza per i cambiamenti del parco e della città: fu la prima struttura a comparire nel progetto iniziale del parco, oltre che essere una delle prime ad essere costruita. In perfetta sintonia con la natura circostante, la piazza è stata decorata con raffigurazioni e motivi legati al mondo della natura e degli animali.
La foto non ha senso, ma fa tanto quadro realista di metà '800 e che fa il verso a Coubert e il suo Spaccapietre.
Poi abbiamo la Bethesda Fountain, costruita da Emma Stebbins - prima donna della città a cui venne commissionato il lavoro per un opera pubblica - tra il 1868 e il 1873 per celebrare l'apertura dell'acquedotto di Croton. La sua statua è anche chiamata Angel Of Waters per la scena che ispirò l'autrice, ovvero quella dell’angelo che benedice le acque nella piscina di Bethesda, a Gerusalemme, dandogli poteri di guarigione; l'episodio è contenuto nel Vangelo secondo Giovanni. L’angelo è circondato da quattro cherubini che simbolizzano la salute, la purezza, la temperanza e la pace.
Una cosa veramente meravigliosa di New York, sono gli artisti di strada. Ce ne sono veramente una infinità e spuntan fuori da ogni angolo ed ogni ora peggio dei funghi, incuranti delle condizioni meteorologiche. E hanno tutti dei talenti smisurati. Ancora oggi mi brucia un po' non aver dato qualcosa ad ognuno di loro. Il punto è che, se anche dai solo 1,00 $ per ogni artista di strada che se lo merita - e non lo dico scherzando - finisce che devi saltare i pranzi, perché ti mancano i soldi.
Questa statua è chiamata Eagles And Prey, creata da Christophe Fratin nel 1850 e inserita a Central Park nel 1863. Raffigura due aquile che troneggiano vittoriose su una capra, simboleggiando così l'importanza della vittoria per l'ottenimento della libertà. E' la statua più vecchia presente a New York.
Arrivati a questo punto mi ero un poco perso, soprattutto perché presi la decisione più sbagliata di sempre: cercare le cose che mi interessavano. Presto detto rinominata "La Maledizione Americana", durante il mio viaggio ogni volta che cercavo qualcosa, puntualmente mi perdevo, finendo da tutt'altra parte. Quando invece non cercavo niente e mi lasciavo guidare dal caso, trovavo tutto, come se le cose mi piovessero dal cielo. Arrivati in questa zona dove c'era la statua di cui prima, erano circa le 11:00 passate del mattino e, in uno di quei flash mentali improvvisi e che ti ossessionano per tutta la giornata finché non fai quello che ti sta dannando l'anima, mi tornano alla mente reminescenze del film Balto; in particolare, la scena iniziavo, dove la vecchiarda spiega alla bambina la storia del cane davanti alla sua statua: scultura, posizionata a Central Park. Preso dalla voglia bambinesca di vederla, prendo la mappa e cerco di organizzare un tragitto che mi porti presso la statua di Balto. Fallendo, ovviamente.
Decido quindi di uscire, seguire la strada e rientrare alla prima entrata pratica.
E non poteva ovviamente mancare qualcuno deciso a girare il parco in carrozza. Nonché sia una cosa grave farlo, però è altamente sconsigliabile per coloro che non voglio far ammalare il proprio portafoglio di una forma incurabile di anoressia. Non vi voglio dire quanto costa, però ve ne do una idea. Avete presente quando il vostro debito è così grande che i vostri figli devono lavorare una vita per risanarlo? Ecco, contate almeno quattro generazioni di debiti.
Ed ecco che, dal nulla, spunta fuori quello che cercavo: la stramaledettissima statua di Balto.
Parte subito la citazione:
Creata da Frederick George Richard Roth, la statua venne edificata ed inserita a Central Park nel 1925 in onore delle eroiche gesta di Balto e la sua crew. Credo che questo cane non dovrebbe aver bisogno di presentazioni, ma facciamolo comunque, dato che c'è gente che non ha avuto una infanzia o, ancor peggio, una infanzia salutare ed è cresciuta a Gormiti e Rovazzi.
Il 19 Gennaio 1925 scoppiò a Nome, in Alaska, una violenta epidemia di difterite, senza che ci fosse l'antitossina necessaria per curare tutti i nuovi casi; la città possedeva degli antidoti, ma la scorta finì l'Estate di quell'anno. Dopo un paio di giorni, la malattia si diffuse ancora di più e alcuni bambini cominciarono a morire per questa malattia, erroneamente scambiata per tonsillite. Preoccupati per l'aggravarsi andate della situazione, Nome fu messa in quarantena e fu ordinato urgentemente un milione di unità di antitossina. La scorta più vicina (trecentomila unità, che pesavano in tutto circa nove chili) si trovava ad Anchorage, che distava più di millesettecento chilometri e non era direttamente collegata a Nome, ma una ferrovia arrivava solo fino a Nenana, a quasi mille chilometri da Nome. Il maltempo non permetteva agli aerei di alzarsi in volo e gli iceberg non permettevano alle navi di attraccare. Per risolvere il problema si scelse di usare il metodo che da sempre era utilizzato per trasportare la posta: i cani da slitta.
Venne organizzata una staffetta di venti mute di cani da slitta che si assunsero il compito di trasportare l'antitossina da Nenana a Nome, distanti 600 miglia. L'ultimo turno spettò a Balto, cane sul quale il suo originale padrone considerava buono solo per portare la posta. E invece si sparò 53 miglia da solo, collezionando un certo record. Va detto che la parte più impegnativa toccò al cane Togo, però Balto fu il cane che arrivò in città il 2 Febbraio del 1925 e quindi, agli occhi della popolazione, era lui l'eroe. Dimenticato da tutti e costretto a trascinarsi per spettacoli circensi da quattro soldi, Balto morì il 14 Marzo del 1933.
Eh già. A Central Park, c'è la statua di Giuseppe Mazzini, politico Italiano che contribuì alla nascita dello Stato Italiano, oltre che alla creazione di teorie di grande importanza nella definizione dei moderni movimenti europei per l'affermazione della democrazia attraverso la forma repubblicana dello Stato. La scultura venne commissionata da un gruppo di Italoamericani e venne inaugurata nel 1878 con un discorso del poeta americano William Cullen Bryant, principalmente famoso per l'opera Thanatopsis.
E poi, arriviamo al tributo inaspettato: Strawberry Fields Memorial. Il memoriale commemora il cantante dei Beatles John Lennon nel luogo che l’artista amava di più, ovvero Central Park. Proprio vicino a Central Park, a pochi passi dal memoriale, John Lennon viveva con la moglie, all'interno del famoso Dakota Building, dove fu ucciso nel 1980.
Il memoriale prende il nome dalla celebre canzone dei Beatles Strawberry Fields Forever, che lo stesso Lennon scrisse nel 1966; il titolo deriva a sua volta dal nome di un orfanotrofio di Liverpool situato nei pressi della casa dove viveva Lennon.
Ma più di ogni altra cosa, il memoriale cerca di incarnare quella che oggi possiamo definire la canzone manifesto nonché testamento di Lennon: Imagine, brano che incarna un messaggio pacifista senza tempo.
Puntualmente e giustamente omaggiato dal parco.
Il mosaico fu progettato da Bruce Kelly, l’architetto paesaggista capo dell’organizzazione Central Park Conservancy, ma realizzata da un gruppo di artigiani napoletani e donata al New York City Council dal Comune di Napoli. Il memoriale fu inaugurato il 9 Ottobre 1985, giorno del compleanno di Lennon, in cui il cantante avrebbe compiuto 45 anni. Inutile dire che quella data è motivo di enormi pellegrinaggi per i fan del cantante e del gruppo che lo rese celebre. Ma c’è chi invece si è sempre recato con costanza allo Strawberry Fields Memorial, tanto da esserne dichiarato ufficialmente “il sindaco” del memoriale. Si tratta di Gary dos Santos, un fan dei Beatles che per ben 19 anni si è occupato di realizzare decorazioni artistiche a forma di simbolo della pace con fiori ed altri oggetti e di intrattenere i passati con racconti sul proprio lavoro e su John Lennon. Morto nel 2013, Gary dos Santos è stato anche il soggetto di un documentario ed è stato più volte citato dal New York Times.
E qui si arriva ad una delle mie due parti preferite di Central Park: la parte più a ovest di The Lake e il Bow Bridge.
Sinceramente non so spiegare perché mi piacesse e perché, ancora adesso, mi piace. Credo fosse per lo strano, ma accattivante, contrasto che si creava un posto così tranquillo e fiabesco, con una città nevralgica e frenetica. Non sono mai stato in un posto come Tokyo ma, vedendo delle foto scattate da un parente che ci è stato, vedere i grattacieli spuntar fuori dai parchi faceva venire un senso di alienazione ed estraniazione che ti faceva veramente star male. New York non mi suscitava queste sensazioni e, da vero polmone verde qual è, camminare per le sue strade e sentieri, si respirava veramente un aria di relax e di pausa che ti faceva venire voglia di far pace coi i propri demoni interiori e tutti i fastidi che si ha verso il mondo circostante.
Il bello di New York è anche questo, che è una città che sorprende: a volte nel bene, a volte nel male. Central Park è l'incarnazione di questa sua capacità di sorprendere in positivo poiché, spesso, senza rendertene conto, mentre esplori il parco compaiono come dal nulla di luoghi ricchi di fascino che ci ricordano di eventi e persone, oppure ammagliano per la loro bellezza intrinseca e indiscutibile, proprio come è successo per il memoriale a John Lennon. E a volte non è nemmeno necessario trovare un perché, o credere che serva un perché. A volte, a caso, succedono cose belle. E va bene così. Fa strano, eh. Soprattutto per chi arriva da un luogo come l'Italia dove, se succede qualcosa di bello senza un motivo, si pensa subito che si deve pagare qualcosa in cambio, o che ci sia sotto una fregatura. Fa strano, perché nella città simbolo dello stato capitalista per eccellenza, c'è un posto che ti regala emozioni eterne a gratis.
Continuando, si arriva al Bow Bridge. Completato nel 1862, è il ponte per eccellenza degli innamorati e, per questo, compare in un sacco di film a sfondo romantico e/o in scene romantiche.
Arrivati a questo punto, mi rendo conto di essermi perso di nuovo. La statua di Balto era più a sud, mentre The Lake e Bow Bridge sono molto più a nord (non chiedetemi come ho fatto, perché non saprei rispondere); quindi esco da Central Park per finire sulla strada, decidendo di percorrere sul marciapiede al lato del parco la parte di percorso che mi avrebbe ricondotto circa nella stessa zona dove c'era la statua del cane.
Tutta colpa degli scoiattoli e la loro irritante obesità galoppante.
Mi imbatto nel Museo di Storia Natuale Americana, che visiterò il 15 Ottobre.
E poi, involontariamente, nella Trump Tower.
Alla fine quella di uscire dal parco e percorre poi seguendo il marciapiede si dimostra essere una buona idea, dato che arrivo all'entrata sud dove mi accoglie il USS Maine National Monument e Columbus Circle.
Costruita nel 1912 da Harold Van Buren Magonigle, ma inaugurato solo l'anno dopo, il monumento è dedicato alle vittime della USS Maine (ACR-1), corazzata pre-dreadnought varata nel 1889, che affondò a causa di un'esplosione, non si sa se interna alla nave o a causa di una mina, il 15 Febbraio 1898, dando il via alla guerra ispano-americana. Il conflitto tra Spagna e USA si concluse a favore di quest'ultimi, ottenendo - tra le varie richieste - il riconoscimento dell'indipendenza di Cuba che divenne una specie di protettorato Americano.
Columbus Circle è invece una piazza circolare, celebre per ospitare al proprio centro il monumento a Cristoforo Colombo: involontario scopritore dell'America nel 1492.
La piazza riveste una particolare importanza all'interno della città di New York, essendo una sorta di miliario aureo a partire dal quale vengono misurate tutte le distanze ufficiali da New York. Venne progettata nel 1905 da William Phelps Eno come parte del progetto originale Central Park, ma alla fine si decise di fare una cosa a parte. La piazza si sviluppa attorno al monumento a Cristoforo Colombo, monumento posto nel 1892 a commemorazione del quattrocentesimo anniversario dalla scoperta dell'America.
Visitato il monumento e la piazza, torno nel parco passando per lo Zoo di Central Park.
Devo essere onesto e dire che qui ho optato per l'ignoranza, dato che gli zoo mi hanno sempre messo una enorme tristezza e depressione. Insomma, vedere tutti quegli animali in gabbia e ridicolizzati come pagliacci ammaestrati, mi faceva sentire parecchio male. Quindi, ho skippato velocissimo questa parte.
In compenso, subito dopo, c'era la seconda delle mie due parti preferite.
Il Gapstow Bridge, costruito nel 1874 da Jacob Wrey Mould. Anche qui, non ci sono grandi perché riguardo i veri motivi per cui mi piaceva questa parte del parco. Non vorrei dire una stronzata o sembrare eccessivamente melenso, però credo che questo ponte sia come ho sempre immaginato "il posto felice nella nostra testa" che tutti abbia, nonché come ho sempre immaginato un possibile paradiso. Non che abbia mai pensato a queste cose però, nel vedere questo luogo, ho subito pensato: se un aldilà esiste davvero, questo è un buon posto per passarlo. Se gli altri luoghi di Central Park trasmettevano la pace, questo favoriva il raggiungimento del nirvana.
Quando scatto questa foto, sono le 13:45 circa. Central Park è stato visitato per intero. Beh, oddio, diciamo quasi per intero; guardando a posteriori e confrontandomi con Internet con più calma, noto che non ho visitato molte cose. Però oh, le principali/quelle che volevo io le ho passate in rassegna. Dopo una mezzora di pausa, riprenderò il cammino e tornerò a casa a piedi, sparandomi un'altra bella oretta e mezza circa di camminata. Oh, del resto mi sono ammazzato di noia per otto ore durante il viaggio di andata: avevo una voglia matta di camminare e far funzionare le gambe; spararsi Central Park come meta dei primi giorni è stato un battesimo del fuoco più che azzeccato.
Tornato a casa verso le 16:00 circa (ora più, ora meno) ci si schiafferà in doccia e si provvederà a rilassarsi come si deve. Perché il giorno dopo, sarebbe stata la volta di Times Square. E li, di energie, ne sarebbero servite eccome.
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