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lunedì 17 ottobre 2016

Samurai - Vol. 1: Il Cuore Del Profeta, la recensione (ASCW Classic #31)

Oggi, recensione di un volume molto molto particolare, lontano dal genere di cui di solito parliamo: ma, non per questo, meno bello. Oggi, parliamo di Samurai - Vol. 1: Il Cuore Del Profeta.


Dati Generali:
Testi: Jean-François Di Giorgio
Disegni: Frédéric Genêt
Colori: Delphine Rieu
Anno di Pubblicazione: 2005-2006
Volume Contenente: Samurai #1-#2
Etichetta: Soleil
Prezzo: 13,00 €

Trama:
Il giovane samurai Takeo vuole far luce sul proprio passato e rispondere a domande che lo dilaniano dentro. Nel cercare una risposta a questi interrogativi, si ritroverà coinvolgo suo malgrado in un complotto ai danni dell'Imperatore del Giappone, ordito dall'infido generale Akuma, il quale vuole fare anche luce sul mistero legato al celeberrimo "Tredicesimo Profeta".

Il mio Parere:
Da quanto si può leggere dalla scheletrica trama, ci troviamo davanti a premesse molto semplici, e sotto certi aspetti accattivanti, impreziosite però dal vero punto di forza del preambolo: la location; l'ambientazione proposta, un Giappone antico e feudale, è da sempre un luogo che ha fatto gola a molti autori di fumetti e non (e anche ad un certo Roberto Recchioni in tempi non sospetti), certi che la sua suggestività ed esoticità, contribuisca a creare un'atmosfera densa di poesia ed epicità. Allo stesso tempo, la difficoltà della scelta sta proprio nel cogliere quella poesia, capirla, interiorizzarla e svilupparla fino in fondo, lavoro che spesso può sfociare nella fiera dei luoghi comuni sul Sol Levante; per fare un esempio, la stessa Wolverine di Chris Claremont e Frank Miller venne criticata, a suo tempo, perché considerata la rimpatriata di tutti gli stereotipi riguardanti i Giapponesi. Fortunatamente, la coppia Di Giorgio/Genêt sventa il pericolo, riuscendo a raccontare ed illustrare un racconto epico/medievale in pure stile Giapponese, degno del folklore tipico del Sol Levante o dei suoi racconti popolari più noti.

La storia infatti si presenta al lettore proprio come una di queste, e quando ne si assapora la trama e si gustano i disegni mozzafiato, si ha l'impressione di leggere una versione a fumetti di qualche leggenda Nipponica che narra della malinconica figura del samurai Takeo, quando invece le sue vicende sono state inventate di sana pianta dal duo, con qualche immancabile e accuratissimo riferimento storico a miti e leggende della nazione. I due artisti Francofoni, infatti, non si limitano ad una fedeltà di temi e/o ambientazioni, ma anche di tutto il resto. Nonostante la loro nazionalità, Di Giorgio e Genêt hanno fatto un incredibile e pregevolissimo lavoro di estraniazione: si sono dimenticati le loro origini e si sono messi in testa di essere Giapponesi, facendo del modo in cui Nathan Algren de L'Ultimo Samurai descriveva i Giapponesi ("un popolo che ricercava la perfezione in ogni gesto") la prima e unica legge da seguire per la realizzazione della loro serie.


Le fatiche dei due, che sono il risultato di una certosina e meticolosa ricerca per ottenere la massima resa grafica e narrativa, si possono vedere subito ad occhio nudo grazie a Frédéric Genêt, disegnatore dall'incredibile stile dinamico e, per mancanza di altri termini, "realistico"; "realistico", nel senso che il suo stile cerca di comunicare al lettore fornendoli niente di più che la rappresentazione grafica della realtà che è stata il periodo Meiji, senza troppe esagerazioni tipiche dei manga, ma senza anche tradire troppo la natura stessa di uno stile prettamente fumettistico. La sua arte, poi, è impreziosita ulteriormente dall'impressionate ed estrema precisione nei dettagli in qualsiasi luogo/momento/azione/personaggio. Non c'è una sola cosa che questo disegnatore non arricchisca di contenuti grafici: gli edifici e i suoi interni sono graficamente realizzati dando importanza ad ogni particolare, descrivendo già dal punto di vista visivo anche la natura del complesso e del suo abitante. Per non parlare dei personaggi, che già dalle loro espressioni facciali trasudano il loro carattere dominante: come Takeo, che emette un'aura di tormento interiore, o il suo simpaticissimo aiutante Shiro, che trasmette goffaggine ma bontà d'animo. 

O ancora, come gli antagonisti, che trasmettono sempre un senso di inquietudine e di una natura perversa incline alla malvagità pura, o come qualsiasi figura femminile che, al di là dell'allineamento bene/male, sono rappresentate in modo delicato e sensuale, ma mai volgare. E come non citare le cose che, forse, Genêt fa meglio: le enormi tavole e vignette che danno vita a vasti paesaggi, oppure lunghe e dinamiche e splendidamente coreografate scene d'azione. A dare ulteriormente vita alle sue tavole, ci sono i colori di Delphine Rieu, la quale non punta tanto su un metodo di colorazione alternativo o particolarmente ricercato, quanto più sul contrasto dei colori stessi, contrapponendo colori universalmente riconosciuti come "caldi" (rosso, giallo, arancione) a quelli universalmente riconosciuti come "freddi" (marrone, grigio, viola) dando vita a delle atmosfere dai toni "autunnali", rendendo alla perfezione non solo la stagione di ambientazione della storia, ma sottolineando anche una certa verve malinconica ed alienante che spesso trasmette il Giappone e i suoi racconti.



Ovviamente, tutto questo non avrebbe avuto la stessa resa senza i testi di Jean-François Di Giorgio. Nella sua sceneggiatura c'è tutto quello che si può desiderare non solo da una storia a fumetti, ma anche da una normalissima storia: un protagonista con un passato tutto da scoprire, comprimari brillanti, nemici subdoli e malvagi, tirapiedi del nemico perfidi e spietati, misteri, artefatti dall'enigmatico ruolo, una profezia che promette sciagura, segreti, azione, violenza, introspezione, comicità, onore e coraggio tipico delle storie sui samurai. Come si diceva prima, da cosa si capisce veramente che i due hanno creato la serie Samurai pensando come dei Giapponesi? I segmenti più leggeri della storia, votati al respiro dall'incalzante trama per mezzo dell'umorismo, ne sono un piccolo ma incisivo esempio, essendo quelli che ricalcano in tutto e per tutto (ma senza esagerare) i classici momenti risata degli anime/manga Nipponici. 

Proprio da questi elementi, si capisce che Di Giorgio non si è limitato ad avvicinarsi superficialmente alla cultura del Sol Levante, ma si è proprio buttato come un nuotatore si tufferebbe in una gara di tuffi: con tutto sé stesso, con passione e stile. Il periodo Meiji, momento storico in cui si svolge questa trama densa di avvenimenti e senza un momento di noia, è descritto in maniera estremamente accurata, riuscendo inoltre a rispecchiare la mentalità Giapponese dell'epoca in maniera fedele e cristallina, una mentalità sicuramente retrograda e antica, eppure piena di fascino. Unica pecca di questo grande prodotto, sono i dialoghi, che non brillano per la loro genialità o per la loro particolare raffinatezza, scadendo più spesso di quanto si voglia ammettere nel gran galà nelle frasi fatte. Soltanto alcuni si diversificano e restano nella mente del lettore, ma c'è anche da dire che le conversazioni costruite in questo modo sono molto incline allo stile Giapponese dell'epoca, apparendo quindi chiare, concise, corte e libere da ogni fraintendimento: insomma, non si perdono troppo in chiacchiere e risparmiano il fiato per quando c'è davvero da discutere sul da farsi o sull'introspezione dei personaggi. Ma dall'altra parte della bilancia, i momenti più intimisti o di caratterizzazione a volte non sono incisivi come dovrebbero/vorrebbero, proprio per una mancanza di dialoghi ben costruiti.

Conclusioni:
Se siete amanti della cultura Giapponese, se siete amanti dei samurai, o semplicemente non volete perdervi una lettura densa di suspance, o avere un primo contatto con il Sol Levante, Samurai rappresenta un piccolo gioiello della letteratura illustrata che non può e non deve mancare nei vostri scaffali.

- Symo

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