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lunedì 23 novembre 2015

La Principessa Mononoke (la recensione)

Oggi parliamo di un film di Hayao Miyazaki, anche se non ne siamo degni. Oggi, parliamo de LA PRINCIPESSA MONONOKE, che dopo tanto ho finalmente visto. 


Trama:
In seguito allo scontro con un animale posseduto da un demone, il principe Ashitaka viene contaminato da una maledizione mortale apparentemente senza cura; si mette dunque in viaggio per scoprirne l'origine e chiedere una cura al grande Dio Della Foresta, l'unico in grado di guarirlo. Arrivato nelle regioni da cui proveniva la bestia scopre una guerra tra uomini e una forma primitiva di animali della foresta, giganti, senzienti e aiutati da quella che chiamano la Principessa Mononoke: una ragazza cresciuta dai lupi che ha rinnegato gli uomini. Dall'altra parte gli uomini, capitanati da Lady Eboshi che gestisce con amore, giustizia e pietà il suo villaggio di fabbri, vogliono lavorare la montagna e abbattere gli alberi per poter estrarre il ferro (fonte di ricchezza). In mezzo un gruppo di monaci cerca di fomentare gli uomini ad uccidere il Dio Della Foresta e rubarne la testa perché, si dice, fornisca l'eterna giovinezza.

Il mio Parere:
A detta di molti, La Principessa Mononoke è il loro film preferito dello Studio Ghibli e il miglior film del Maestro Miyazaki, oltre che suo indiscusso Capolavoro. Giochiamo subito a carte scoperte, La Principessa Mononoke mi è piaciuto un casino, ma non è comunque il mio preferito (lo è La Città Incantata, e un domani spiegheremo perché), ma questo non deve farvi pensare che ho schifato il film, anzi: pur non essendo il mio preferito di Miyazaki, questo non vuol dire che mi sia piaciuto tanto quanto quelli che lo reputano il proprio preferito. Nonostante ciò, sono d'accordo nel dire che il decimo filmo dello Studio Ghibli è obiettivamente il migliore fra tutti quelli realizzata dal Maestro Hayao. Perché? Semplicemente, perché tutti i temi cari al regista/sceneggiatore Nipponico, vengono qui presentati al loro massimo storico e ulteriormente valorizzati e resi estremamente potenti da una maniacale attenzione ai particolari e ai dettagli.

La natura e la sua corruzione, la guerra e la corruzione dell'animo umano, la follia autodistruttiva dell'uomo dove gli umani sottraggono terra e vita alla natura che generano mostri e aberrazioni, il femminismo, la totale assenza di un vero e proprio allineamento assoluto nelle barricate del bene e del male, la sacralità degli animali, ogni cosa ha una propria anima e spirito: questi sono alcuni dei temi cari al regista, o meglio, quelli a cui Miyazaki piace parlare più spesso nei propri film, o se vogliamo anche, le tematiche che lui stesso s'impegna a divulgare perché considerate vitali per la sua persona. Complice l'ambientazione del periodo Muromachi (1336-1573) Giapponese, dove la natura era ancora potente e dominava la maggior parte della terra e le nuove tecnologie in campo bellico cominciavano a bazzicare per il creato, le tematiche qui sopra elencate arrivano allo spettatore con una potenza e una naturalezza mai vista prima, grazie non solo alla location (come già detto prima), ma anche ad un piccolo comparto fantasy che permette l'esistenza di demoni e creature fantastiche e una innata violenza fatta di teste e braccia mozzate, anch'essa, inedita nei precedenti lavori (o almeno, nelle precedenti pellicole animata non era presentata con così tanta crudezza e ferocia come questa volta).


Lo spettatore, che si rivede nel protagonista totalmente oggettivo e senza preferenze di parti Ashitaka, parte per questo viaggio e scopre una guerra tra uomini e animali, dove l'identità delle due fazioni si incontrano e scontrano parecchio, finendo per scambiarsi spesso i ruoli: a volte gli umani sembrano i cattivi, ma molte altre volte, lo sembrano anche gli animali. Questo perché nessuno dei due è veramente cattivo e buono fino in fondo, ci sono solo punti di vista; e infatti, grazie alla Principessa Mononoke e Lady Eboshi, lo spettatore riesce a capire le motivazioni (e i difetti e le colpe) di entrambi, realizzando che i desideri delle due (che sono l'avatar della propria fazione) sono giusti e legittimi, ma che sono sopratutto imposti con i mezzi sbagliati e che l'astio e in conflitto è nato perché non c'è mai stato dialogo, ma solo imposizioni dei propri obbiettivi. Da una parte, Mononoke/San: fiera guerriera tribale capace di far pisciare addosso dalla paura la sedicente "principessa Disney forte" Mulan, ragazza-lupo che (giusto per far capire di che pasta è fatta) compare per la prima volta coperta di sangue non suo; dall'altra, Eboshi, cattiva della pellicola animata non così cattiva dotata di un elegante carisma e di un carattere affascinante e complesso, tutt'altro paio di maniche con la Disney insomma, che qui fornisce un villain davvero sfaccettato e fatto di sfumature di grigio, trattando i suoi spettatori come tali e con come rincitrulliti senza qualche cromosoma. Entrambi poi personaggi femminili forti, indipendenti e che portano avanti un conflitto si con qualche aiuto, ma sono comunque loro a capo di tutto.

Questa lotta fratricida resa magistralmente da una cura di ogni singolo dettaglio anche dell'oggetto o particolare più insignificante e da una colonna sonora che aiuta a rimarcare le atmosfere struggenti e malinconiche del film animato (la sigla iniziale poi, per il sottoscritto, è particolarmente artefice di lacrime a gagganelle), è al centro della trama di questa questa fiaba moderna dal gusto medievale dura e senza compromessi, concludendosi con ben più di una nota amara con la sconfitta di...beh, tutti: perdono gli uomini, perdono gli animali, perdono tutti. Il progresso vince, il dio devasta tutto ha la meglio: è lui il vero cattivo che vince a mani basse sopra i veri buoni, il bosco e la natura, altri grandi protagonisti di questa pellicola, feriti a morte dal ferro e dal fuoco. Ma ciò che non si spezza, si piega, e infatti quello che la spunta davvero, quella che vince davvero questa battaglia, è la speranza, che rinasce più forte e più verde di prima: la speranza di un futuro migliore in cui si riuscirà a prendere coscienza di sé e di quello che sta attorno ad animali e persone, portando avanti i propri obiettivi in tutta libertà, senza però schiacciare o piegare al proprio volere la libertà e l'identità degli altri. Mononoke continuerà ad odiare gli uomini così come Eboshi continuerà la ricerca del progresso, ma entrambe hanno capito che la natura (composta dalle sue creature) e gli uomini sono due facce della stessa medaglia che, un giorno, un giorno di sicuro lontanissimo, potranno finalmente ricongiungersi. 

Non un lieto fine, certo. Non una favola buonista e realizzata secondo i più classici e commerciali schemi con cui la Disney c'ha davvero scassato terribilmente e impietosamente il cazzo, certo. Ma neanche un finale amaro. Del resto, la cosa più importante per gli uomini (come diceva il Dr. Strange in Amazing Spider-Man #500) è di fare la differenza: e questo film l'ha fatta davvero, perché porta la speranza di poter, un giorno, cambiare le cose per sempre. Cambiandole, però, in meglio. 

Conclusione:
Un Capolavoro che dovete vedervi. Se non l'avete ancora visto, smettete di farvi del male: qualunque sia la vostra colpa o il vostro peccato originale, non meritate comunque questa punizione. 


- Symo

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