"Posso conoscere a menadito un personaggio dei fumetti, leggendo una sola storia?". Purtroppo per voi scansafatiche, nel mondo dei fumetti - soprattutto quelli supereroistici - è impossibile conoscere come le vostre tasche un personaggio leggendo una sola storia. I personaggi dei fumetti sono formati nel loro mythos da più scrittori e, per tanto, per avere una visione completa bisogna leggere più e più storie. Però, per vostra fortuna, ci sono comunque storie dove è possibile conoscere la loro caratterizzazione più intima anche solo attraverso un numero. Per questo, il sottoscritto ha deciso di dare vita ad una rubrica mensile in cui verranno analizzati i vari one-shot dove capire questi personaggi con un solo numero è possibile. Questo, è il secondo episodio.
Prima di cominciare, qualche informazione tecnica: come si parla di questi di questi one-shot e secondo quale criterio? Ci si concentrerà su numeri singoli legati ai supereroi e si prenderanno in esame i numeri che sono riusciti a spiegare in maniera più cristallina l'animo di un personaggio, utilizzando un solo numero e non una gestione intera. Per quando potete trovare di preciso questa nuova rubrica, sappiate che Un Numero Per Capirli sarà disponibile ogni ultimo Mercoledì del mese, ogni mese. Tutto chiaro? Bene, allora, si parte.
Wolverine #73-#74 (Vol. 3, 2009)
Facciamo un piccolo passo indietro, dato che mi sono accorto che qualcuno può non saper cosa vuol dire: cosa è un one-shot? Solitamente, è un numero solitario pubblicato singolarmente e slegato da altre testate con una storia che nasce e muore all'intero di quelle pagine; pagine, superiori a quelle di un fumetto mensile, ma inferiori a quelle di una graphic novel. Di solito ci teniamo sulla portata di un Annual, quindi sulle quaranta/cinquanta pagine circa. Speso però, per semplicità - anche se sarebbe un errore - ci si riferisce a one-shot anche a quelle storie che, pur essendo pubblicate all'intero di una serie, rappresentano un episodio stand alone, un episodio a sé e slegato da tutta la gestione attualmente in corso. Che no, non è un filler, ma proprio un episodio a parte.
Nello scorso numero avevamo detto che ci saremmo concentrati non solo su queste tipologie di numeri, ma anche su personaggi In questa rubrica ci concentreremo su queste tipologie di numeri, trattando di supereroi - i personaggi che hanno bisogno di più autori, prima di avere una caratterizzazione completa - ma non quelli classici. Nello scorso episodio avevamo detto che ci saremmo concentrati anche su personaggi meno conosciuti, privilegiando quelli poco conosciuti o quelli bistrattati dalle masse. Ovviamente continueremo con questa linea di condotta, però a volte si parlerà anche di alcuni numeri che sono in grado di far capire con un sola lettura anche i personaggi di Serie A, poiché alcuni di loro hanno magari una storia editoriale complessa con cui è facile perdersi. Proprio per questo, oggi parliamo di Wolverine #73-#74 del 2009, coi testi di Jason Aaron e i disegni di Adam Kubert. Via con la trama del numero.
Volendo vedere, Wolverine non è poi un così vecchio personaggio della Marvel, dato che la sua creazione risale al 1974. Però, col passare del tempo e il suo inserimento in pianta stabile (e onnipresente) nelle testate degli X-Men, trasformarono l'Artigliato Canadese in uno dei personaggi di punta della casa editrice: forse anche troppo. Col passare del tempo, attorno a Wolverine si formò una propria mitologia fatta di una storia personale molto fitta e corposa, oltre che costellata di comprimari e nemici tutti suoi.
Si toccò una sorta di fondo quando la Marvel si accorse (meglio dire che finalmente riconobbe) che il personaggio funzionava meglio se usato con intelligenza e parsimonia, dandogli le luci della ribalta solo una volta ogni tanto, seguendo quindi la legge del less is more. Ad un certo punto, alcune situazioni cominciarono veramente a diventare ridicole e Logan - in tempi non sospetti e coetanei dell'anno in cui usciva la storia protagonista di questo post - cominciò ad apparire come ospite speciale e/o membro di un gruppo in un sacco di testate, giusto perché la Marvel doveva, in qualche modo, correre ai ripari.
Sul versante del team artistico le cose non andavano molto bene perché, nonostante in quegli anni venivano anche svelate le origini di Wolverine, il personaggio sembrava aver perso il suo fascino, forse perché, dopo che la Casa delle Idee aveva creato così tanto spazio per lui, si era perso un po' il senso di chi e cosa era Wolverine. Fortuna che, di tanto in tanto, arriva qualche sceneggiatore che sa il fatto suo e riesce a risolvere i pasticci delle major dando una forte motivazione narrativa laddove, prima, c'era una motivazione editoriale.
Su Wolverine #73-#74, assistiamo ad una giornata tipo di Logan, diviso (come visto nelle tavole) fra i diversi impegni presi con diverse persone e gruppi. La storia - che, originariamente, doveva essere interamente pubblicata sul #73 ma venne poi spezzettata per spingere il lettore a comprare il #74, numero che avrebbe chiuso e poi rilanciato la serie - è principalmente raccontata tramite l'ausilio di splash-page composte dalle tre alle nove vignette in cui viene mostrato uno scorcio di una giornata nella agenda settimanale dell'Artigliato X-Man. Quello che sembra essere solamente la fiera dell'onnipresenza, ha in realtà un motivo ben preciso, potato a galla dopo la visita dell'Uomo Ragno sulle battute finali della storia:
Jason Aaron, diventato un nome promettente grazie al suo lavoro in Vertigo con l'acclamata serie Scalped, ha l'intuizione di ribaltare la situazione, cosa che restituisce a Wolverine il suo fascino: magari non del tutto e tanto quanto il passato, ma quanto basta per riappassionarsi al personaggio e far capire - con la stessa potenza di Chris Claremont - il dualismo uomo/bestia di Logan. Con questa storia proposta su due numeri - che daranno poi inizio alla run di Aaron su Wolvie - lo sceneggiatore restituisce a Wolverine il drammatico fascino di un autentico guerriero diviso tra la visione che gli altri vogliono dargli e quella che vuole per lui.
Se prima Logan era una figura velatamente malinconica e frustrata perché non conosceva il suo passato e voleva ricordare assolutamente chi fosse, ora il personaggio prova gli stessi sentimenti, ma per la ragione contraria: perché ora ricorda tutto, ma non gli piace chi è stato e non prova piacere nel portarsi sul groppone il peso di un passato che, anche se non lo ricordava, ne ha messo, senza batter ciglio, la firma artigliata in calce. Come dice lui stesso nella vignetta, il suo buttarsi a capofitto in situazioni scellerate e allearsi a diecimila gruppi è tutto un tentativo per non pensare, per scacciare i pensieri dalla testa; se prima queste azioni veniva fatte per trovare risposte, ora è per occultarle sotto una pila di cadaveri e agende traboccanti di impegni.
Anche se per motivi diversi, tutto ciò dipinge l'immagine di un uomo addestrato ad esprimersi con la violenza, anche quando sa che ci sono metodi migliori per poter uscire fuori da un tunnel di depressione. Tuttavia, il sapere spesso non è potere e le caratteristiche personali di una persona ne condannano la vita. Che soluzioni pacifiche e tranquille può avere una persona in grado di guarire da ogni ferita e con sei artigli che gli fuori escono dalle mani? Ovviamente, solo ed esclusivamente violenza inaudita con conseguenze frustrazione cosmica. Come si può continuamente cercare la pace e l'assoluzione dai propri peccati strappando tutto con la forza e col sangue? Ciò che rimane di un uomo, certamente non è riconducibile ad un uomo. Eppure, come recitava spesso l'Old Boy di Park Chan-Wook: "Sebbene io sappia di essere peggio di una bestia, non crede che abbia anch'io il diritto di vivere?"
Ma la cosa forse più incisiva e struggente di tutte, oltre al fatto di vedere all'opera un uomo più vicino al suo lato animale che al suo lato sapiens, è sicuramente l'ironica e amara abilità di guarire da tutto, tranne che dal peso dei ricordi. Logan può essere fisicamente distrutto in mille modi, ma si ricomporrà sempre e comunque. Ma dai ricordi? Da quello che ha fatto e che è stato? Per quello, forse non c'è cura. Tuttavia, bisogna provarci.
- Symo
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