Come detto qui, diamo il via ad una nuova Rassegna Stampa che ci terrà compagnia per un bel pò! Dopo aver affrontato le produzioni cinematografiche di franchise come Lupin III, I Cinque Samurai e I Cavalieri dello Zodiaco, spostiamoci un pò sui fumetti: in particolare, su Secret Wars 2015. Da oggi in poi, ogni settimana, tratteremo di un volume/storia legata al crossover e ne faremo la recensione, fino a recensire tutti i volumi di cui è composta la saga. Questa volta si continua con LOKI: AGENTE DI ASGARD DI AL EWING & LEE GARBETT.
Dati Generali:
Dati Generali:
Testi: Al Ewing
Disegni: Lee Garbett & Jorge Coelho
Anno di Pubblicazione: 2014-2015
Etichetta: Marvel Comics
Volume Contenente: Loki: Agent Of Asgard (Vol. 1) #1-#17
Prezzo: ND
Trama:
A mali estremi, estremi rimedi: e quale rimedio più estremo c'è assumendo Loki come agente segreto di Asgard? Utilizzando il Dio della Menzogna come agente doppiogiochista, sfruttando la sua stregoneria e l'abilità nell'inganno, la Madre di Tutti è decisa a proteggere Asgard come non mai, utilizzando un loro temibile avversario come potente alleato, cercando di sconfiggere le minacce alla città degli Dei prima che queste si verifichino. C'è solo un problema in questo piano: per quanto Loki acconsentirà di avere il guinzaglio della Città Dorata attorno al collo?
Il mio Parere:
Loki è un personaggio che negli ultimi anni lo si è visto riscoprire da pubblico e autori come personaggio complesso e pieno di sfumature. Non che prima non lo fosse, però il successo di certi personaggi segue indubbiamente quello delle mode e, dal 2010 in poi, Loki è stato uno di quelli nell'occhio del ciclone, soprattutto grazie alla sua controparte cinematografica portata in scena da Tom Hiddleston. Messo sotto i riflettori da questo bravissimo attore, il Dio della Menzogna ha goduto di un riscatto editoriale e caratteriale mica male, che però - di contraccolpo - ha goduto anche i favori del maligno pubblico generalista, facendolo diventare l'idolo delle fangirl.
Un fumetto per fangirl e per soddisfare quella fascia di pubblico. Questa era infatti la mia prima impressione quando nel secondo rilancio editoriale del Marvel NOW! seppi che il Dio della Discordia avrebbe ottenuto una serie tutta sua, scritta dall'allor promettente Al Ewing e disegnata da Lee Garbett: disegnatore che riassumeva tutte le caratteristiche tipiche di uno stile per il pubblico di riviste decerebrate come il Cioè. Leggendo la serie perché pubblicata sul mensile Italiano di Thor, man mano che la narrazione procedeva cambiai radicalmente idea, perché Al Ewing diventerà Loki stesso e farà quello che il suo protagonista sa fare meglio: mentire.
Al Ewing - che da questa serie in poi avrà incarichi sempre più importanti dalla Marvel - inizia la serie proprio così, partendo dalla consapevolezza che al pubblico generalista piace sostanzialmente il Loki belloccio e che ricorda Hiddleston. Così Ewing si traveste da magnetico menestrello e canta le lodi di questo Loki praticamente preso a forza dal Marvel Cinematic Universe, ricalcandone lo stile, le atmosfere e dialoghi. Ma questa è solo la superficie del suo piano e la veste da menestrello è solo una menzogna, la prima che racconta al lettore per svelare in tre atti (e volumi, che riassumono i singoli 17) la verità sul personaggio. In realtà, i veri panni di Ewing sono quelli del prestigiatore, diversi da quelli del mago poiché nella magia non c'è illusione, è solo una scienza che si fatica a comprendere; nel prestigio, invece, c'è sempre un trucco. Per spiegarvi meglio come lo scrittore si è mosso nella scrittura di Loki: Agent Of Asgard, utilizziamo una parafrasi dell'iniziale monologo di Cutter - interpretato da un sempre magnifico Michael Cain - del film The Prestige.
La prima parte della sua run (il primo volume Trust Me) coincide con il primo atto di ogni gioco di prestigio dell'illusionista, chiamata "la promessa". L'illusionista vi mostra qualcosa di ordinario: un mazzo di carte, un uccellino o un uomo: in questo caso, Loki. Vi mostra questa cosa e, magari vi chiede di ispezionarlo, di controllare che sia davvero reale e inalterato, normale. E infatti nel primo volume, Loki ha a che fare con Vendicatori e Thor, oltre che tutte le cose che il grande pubblico che guarda i film Marvel "perché li guardano tutti"/"perché è la moda del momento" conosce. Il pensiero successivo non è "ovviamente, è probabile che non lo sia" perché questa parte è talmente scritta bene e in linea con i gusti delle fangirl, che l'illusione che la direzione artistica sia quella, diventa presto realtà.
Il secondo atto è chiamato "la svolta". L'illusionista prende quel qualcosa di ordinario e lo trasforma in qualcosa di straordinario, nel caso di Loki, qualcosa che nessuno ha mai pensato di fare; un po' perché a tutti piaceva pensare Loki fatto in quella maniera, forse perché era rassicurante vedere in lui la certezza che non sarebbe mai andato oltre quello che è sempre stato. E invece Ewing, artista britannico a metà fra un demolitore di status-quo come Warren Ellis e un valorizzatore del mythos come Neil Gaiman, attua quella che mi piace chiamare L'Operazione Riassunto. L'Operazione Riassunto sta nel prendere un personaggio e mettere per iscritto quello che in sintesi è dopo un percorso formativo. Per farvi un esempio: chi è Batman, tralasciando costumi e vari gadget e tutto il resto? E' una persona che odia la criminalità e usa i suoi mezzi per contrastarla. Ewing fa questo con Loki, e nel secondo volume I Cannot Tell a Lie, ragiona per mezzo di lui sul concetto della buia, andando al centro del termine e scarnificandolo di tutta la connotazione negativa e giudicarla per quello che è.
Cos'è una bugia, se una variante della verità? Non è forse un altro modo di dire le cose, a volte detto per convenienza e semplicità, altre volte per cattiveria? Cos'è una bugia, se non una storia? Se non un racconto con una premessa, uno svolgimento, una conclusione e dei protagonisti con allineamenti ben schierati? Ed è per questo che Loki, ai lettori, è sempre andato bene così. Nonostante abbiano cercato il segreto, non l'hanno mai trovato: perché non hanno mai voluto sapere. Volevano essere ingannati. Voi, volete essere ingannati. Io, voglio essere ingannato. Perché noi viviamo di storie e questa recensione parla di una storia, che non è altri che una bugia perché ci parlano di cose che nel mondo reale non accadono. E allora perché non sospendere l'incredulità anche con il resto delle bugie e, perché no, smetterla di usare due termini per dire la stessa cosa?
Ma ancora non applaudite. Perché far sparire qualcosa non è sufficiente; bisogna anche farla riapparire. Ecco perché ogni numero di magia ha un terzo atto, la parte più ardua, la parte che chiamiamo "il prestigio": e quello che arriva sotto la gestione di Al Ewing, è quello di presentare Loki non come il pessimo bugiardo che è sempre stato, ma come il miglior narratore di storie. Questo fa da apripista ad un discorso fortemente metanarrativo riguardante le storie, se esse nascano prima dell'uomo che le racconta o viceversa, oppure quanto sia veramente importante cercare chi davvero dia inizio alla cosa - se l'uomo, o la storia - descrivendo il tutto come un flusso continuo e che mescola e rimescola concetti dove ognuno di loro confluisce in un unico affluente: essere fruibili ad un lettore e continuare ad essere raccontati. Il prestigio di Al Ewing non sta nel cosa, ma nel chi, e Loki - servendosi nel terzo volume, Last Days, del crossover con Secret Wars - rinasce come Dio delle Storie.
Una critica a tutto ciò mossa da qualcuno, potrebbe essere che non stia realmente facendo qualcosa, limitandosi a tergiversare sul personaggio in modo da vendere numeri su Loki. Beh, una storia/bugia, non serve forse anche a quello? E nel caso, anche se non stesse facendo niente, l'ha fatto comunque molto bene, come diceva Raul Cremona. Però, se proprio vogliamo dirla tutta, effettivamente Loki: Agenti di Asgard un difetto ce l'ha: Lee Garbett. Purtroppo lo stile di Lee Garbett non mi piace per niente, nonostante dimostri di avere una buona chimica con Al Ewing e di migliorare nel corso del tempo, sfoggiando anche delle tavole con una impostazione delle vignette molto ricercata e votata al sensazionalismo. Il fatto è che non ci vedo niente di speciale nel suo tratto, troppo omologato - a mio parere - ad uno stile fatto accessibile a tutti ma speciale per nessuno. Lascia semplicemente indifferenti e piuttosto insipidi.
Conclusione:
Si dice che esistano solo sette tipi di storie. Loki Agent Of Asgard di Al Ewing e Lee Garbett le racchiude tutte e sette, garantito al limone. Del resto, vi direi mai una bugia?
- Symo
Un fumetto per fangirl e per soddisfare quella fascia di pubblico. Questa era infatti la mia prima impressione quando nel secondo rilancio editoriale del Marvel NOW! seppi che il Dio della Discordia avrebbe ottenuto una serie tutta sua, scritta dall'allor promettente Al Ewing e disegnata da Lee Garbett: disegnatore che riassumeva tutte le caratteristiche tipiche di uno stile per il pubblico di riviste decerebrate come il Cioè. Leggendo la serie perché pubblicata sul mensile Italiano di Thor, man mano che la narrazione procedeva cambiai radicalmente idea, perché Al Ewing diventerà Loki stesso e farà quello che il suo protagonista sa fare meglio: mentire.
Al Ewing - che da questa serie in poi avrà incarichi sempre più importanti dalla Marvel - inizia la serie proprio così, partendo dalla consapevolezza che al pubblico generalista piace sostanzialmente il Loki belloccio e che ricorda Hiddleston. Così Ewing si traveste da magnetico menestrello e canta le lodi di questo Loki praticamente preso a forza dal Marvel Cinematic Universe, ricalcandone lo stile, le atmosfere e dialoghi. Ma questa è solo la superficie del suo piano e la veste da menestrello è solo una menzogna, la prima che racconta al lettore per svelare in tre atti (e volumi, che riassumono i singoli 17) la verità sul personaggio. In realtà, i veri panni di Ewing sono quelli del prestigiatore, diversi da quelli del mago poiché nella magia non c'è illusione, è solo una scienza che si fatica a comprendere; nel prestigio, invece, c'è sempre un trucco. Per spiegarvi meglio come lo scrittore si è mosso nella scrittura di Loki: Agent Of Asgard, utilizziamo una parafrasi dell'iniziale monologo di Cutter - interpretato da un sempre magnifico Michael Cain - del film The Prestige.
La prima parte della sua run (il primo volume Trust Me) coincide con il primo atto di ogni gioco di prestigio dell'illusionista, chiamata "la promessa". L'illusionista vi mostra qualcosa di ordinario: un mazzo di carte, un uccellino o un uomo: in questo caso, Loki. Vi mostra questa cosa e, magari vi chiede di ispezionarlo, di controllare che sia davvero reale e inalterato, normale. E infatti nel primo volume, Loki ha a che fare con Vendicatori e Thor, oltre che tutte le cose che il grande pubblico che guarda i film Marvel "perché li guardano tutti"/"perché è la moda del momento" conosce. Il pensiero successivo non è "ovviamente, è probabile che non lo sia" perché questa parte è talmente scritta bene e in linea con i gusti delle fangirl, che l'illusione che la direzione artistica sia quella, diventa presto realtà.
Il secondo atto è chiamato "la svolta". L'illusionista prende quel qualcosa di ordinario e lo trasforma in qualcosa di straordinario, nel caso di Loki, qualcosa che nessuno ha mai pensato di fare; un po' perché a tutti piaceva pensare Loki fatto in quella maniera, forse perché era rassicurante vedere in lui la certezza che non sarebbe mai andato oltre quello che è sempre stato. E invece Ewing, artista britannico a metà fra un demolitore di status-quo come Warren Ellis e un valorizzatore del mythos come Neil Gaiman, attua quella che mi piace chiamare L'Operazione Riassunto. L'Operazione Riassunto sta nel prendere un personaggio e mettere per iscritto quello che in sintesi è dopo un percorso formativo. Per farvi un esempio: chi è Batman, tralasciando costumi e vari gadget e tutto il resto? E' una persona che odia la criminalità e usa i suoi mezzi per contrastarla. Ewing fa questo con Loki, e nel secondo volume I Cannot Tell a Lie, ragiona per mezzo di lui sul concetto della buia, andando al centro del termine e scarnificandolo di tutta la connotazione negativa e giudicarla per quello che è.
Cos'è una bugia, se una variante della verità? Non è forse un altro modo di dire le cose, a volte detto per convenienza e semplicità, altre volte per cattiveria? Cos'è una bugia, se non una storia? Se non un racconto con una premessa, uno svolgimento, una conclusione e dei protagonisti con allineamenti ben schierati? Ed è per questo che Loki, ai lettori, è sempre andato bene così. Nonostante abbiano cercato il segreto, non l'hanno mai trovato: perché non hanno mai voluto sapere. Volevano essere ingannati. Voi, volete essere ingannati. Io, voglio essere ingannato. Perché noi viviamo di storie e questa recensione parla di una storia, che non è altri che una bugia perché ci parlano di cose che nel mondo reale non accadono. E allora perché non sospendere l'incredulità anche con il resto delle bugie e, perché no, smetterla di usare due termini per dire la stessa cosa?
Ma ancora non applaudite. Perché far sparire qualcosa non è sufficiente; bisogna anche farla riapparire. Ecco perché ogni numero di magia ha un terzo atto, la parte più ardua, la parte che chiamiamo "il prestigio": e quello che arriva sotto la gestione di Al Ewing, è quello di presentare Loki non come il pessimo bugiardo che è sempre stato, ma come il miglior narratore di storie. Questo fa da apripista ad un discorso fortemente metanarrativo riguardante le storie, se esse nascano prima dell'uomo che le racconta o viceversa, oppure quanto sia veramente importante cercare chi davvero dia inizio alla cosa - se l'uomo, o la storia - descrivendo il tutto come un flusso continuo e che mescola e rimescola concetti dove ognuno di loro confluisce in un unico affluente: essere fruibili ad un lettore e continuare ad essere raccontati. Il prestigio di Al Ewing non sta nel cosa, ma nel chi, e Loki - servendosi nel terzo volume, Last Days, del crossover con Secret Wars - rinasce come Dio delle Storie.
Una critica a tutto ciò mossa da qualcuno, potrebbe essere che non stia realmente facendo qualcosa, limitandosi a tergiversare sul personaggio in modo da vendere numeri su Loki. Beh, una storia/bugia, non serve forse anche a quello? E nel caso, anche se non stesse facendo niente, l'ha fatto comunque molto bene, come diceva Raul Cremona. Però, se proprio vogliamo dirla tutta, effettivamente Loki: Agenti di Asgard un difetto ce l'ha: Lee Garbett. Purtroppo lo stile di Lee Garbett non mi piace per niente, nonostante dimostri di avere una buona chimica con Al Ewing e di migliorare nel corso del tempo, sfoggiando anche delle tavole con una impostazione delle vignette molto ricercata e votata al sensazionalismo. Il fatto è che non ci vedo niente di speciale nel suo tratto, troppo omologato - a mio parere - ad uno stile fatto accessibile a tutti ma speciale per nessuno. Lascia semplicemente indifferenti e piuttosto insipidi.
Conclusione:
Si dice che esistano solo sette tipi di storie. Loki Agent Of Asgard di Al Ewing e Lee Garbett le racchiude tutte e sette, garantito al limone. Del resto, vi direi mai una bugia?
- Symo
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