Ancora che leggo Uncanny Avengers anche dopo la delusione della gestione di Rick Remender? Oh, credetemi: dopo il rilancio dell'All-New, All-Different Marvel, la musica è cambiata. E in meglio.
Dati Generali:
Testi: Gerry Duggan
Disegni: Ryan Stegman & Carlos Pacheco
Anno di Pubblicazione: 2015-2016
Volume Contenente: Uncanny Avengersd (Vol.3) #1-#6
Volume Contenente: Uncanny Avengersd (Vol.3) #1-#6
Etichetta: Marvel Comics
Prezzo: ND
Trama:
Il mondo dopo Secret Wars sarà anche nuovo, ma i problemi sono rimasti gli stessi. Sulla base di ciò, Steve Rogers mette assieme una nuova versione della Squadra Unione dei Vendicatori, sta volta composta da: l'Uomo Ragno, la Torcia Umana, Rogue, Dottor Voodoo, Quicksilver, la nuova arrivata Sinapse e Deadpool. Quando Boston comincia ad essere bombardata da una misteriosa minaccia apparentemente Inumana, per la Avengers Unity Squad è il tempo di mostrare i muscoli.
Il mio Parere:
Uncanny Avengers e All-New Captain America avevano due cose in comune: erano entrambe due serie scritte da Rick Remender con delle premesse ben precise. Premesse che, paradossalmente, sono state meglio sviluppate da altri: da Gerry Duggan per la Avengers Unity Squad e da Nick Spender per Sam Wilson come Capitan America. Per "Cap-Falcon", Remender aveva promesso una serie politicamente impegnata e che avrebbe fatto discutere di sé per certe prese di posizioni che avrebbero potuto risultare impopolari: e non parliamo solo del tanto discusso colpo di scena riguardo Steve Rogers da anni membro dell'Hydra, ma anche delle idee politiche di Sam Wilson messe in atto nel suo mandato di Capitan America. La cosa non si è vista, sopratutto perché lo stesso scrittore ha levato le tende dalla Marvel per dedicarsi al created-owner. La stessa sorte è toccata ad Uncanny Avengers dove, escludendo quella piccola parentesi su Havok, non ha mantenuto le sue promesse, finendo per concentrarsi su altro e non sul concetto di integrazione: solo fantascienza, viaggi nel futuro e botte. Adesso invece, con Duggan al timone di un team parecchio eterogeneo e irresistibile, le cose cominciano a funzionare come dovrebbero.
Indubbiamente, la forza di questa serie sta nella coralità: ma non una semplice coralità, una di quelle studiate per dar vita ad ogni tipo di interazione tra i personaggi, dalle più inaspettate e disparate alleanze, ai litigi più furenti. Sin dagli albori, Uncanny Avengers è stato un mensile dove la regola di base è subito diventata la seguente: "mettiamo assieme questi personaggi non perché vanno d'accordo, ma perché son una bomba ad orologeria e perché devo sputarsi in un occhio un giorno si e l'altro pure". La moltitudine dei personaggi, la loro quotidianità condivisa e il tentativo di creare un qualche tipo di affiatamento in battaglia è indubbiamente la forza motrice della serie, la quale risulta essere senza dubbio la colonna su cui essa si erge. E lo è perché a Gerry Duggan piace troppo giocare con tutte le varianti riguardo alle interazioni dei componenti, ammiccando anche ad eventi passanti della continuity di tutti loro e che dimostra sapientemente di conoscere. In più, aggiunto al cast ufficiale della serie, si aggiungeranno al team due personaggi conosciuti al grande pubblico la cui affiliazione alla squadra sarà un vero colpo di scena nonché sorpresa, cosa che non farà che aumentare la forza corale della serie.
Infatti, Lost Future aveva come obiettivo quello di far capire questo ai suoi lettori, la cosa che tanto è mancata nella passata gestione di Remender: che l'unione fa la forza e che è l'unione, il gruppo, l'affiatamento sono l'arma principale di una squadra... Anche se tra le tue fila c'è uno sciroccato come Deadpool (che, per inciso, funziona benissimo all'interno del team e non oscura nessuno degli altri personaggi). Per tanto, l'intero volume ha solo il pretesto di gettare le basi e le fondamenta per l'eterogeneità del team; come secondo obiettivo, quello di introdurre la nuova Sinapse. Questo ovviamente crea un punto debole all'interno della narrazione, ovvero quello che vede la mancanza di eventi futuri precisi, ma solo spiragli mostrati qua e là da criptiche e veloci sottotrame: le quali, però, si dimostrano enormemente promettenti e in grado di regalare, col tempo, archi narrativi di ampio respiro.
I disegni, invece, rispetto alla narrazione presentano ben più di un problema. Nonostante la presenza di un fuoriclasse come Carlos Pacheco, i lettori lo trovano su questo volume decisamente fuori fase e non certamente nella sua prova migliore. Un Pacheco incredibilmente ai minimi storici che, nonostante tutto, va comunque premiato per la tenacia di esser arrivato alla conclusione dei numeri che Duggan ha scelto di fargli disegnare. Purtroppo va anche detto che in cambio di professionalità e velocità, Pacheco sfoggia uno stile parecchio approssimato, superficiale e che mostra evidenti segni di cedimento, oltre che voglia di prendersi una pausa. Ma per una volta ci può anche stare che non ne imbrocchi una, del resto, il disegnatore spagnolo è sempre stato sulla cresta dell'onda e per una volta lo si perdona (anche se dispiace vederlo sfornare lavori mediocri). Ryan Stegman invece ha decisamente uno stile che divide il pubblico: c'è chi lo apprezza per lo stile dinamico, fluido, frizzante e voltato alla espressività estrema... E c'è chi, proprio per questa estrema espressività, lo apprezza proprio poco perché sostiene che Stegman si prenda certe "libertà anatomiche". Beh, sono vere entrambe le cose. Succede che quando scegli di valorizzare un certo messaggio grafico, si incappi in qualche "licenza poetica" anche in termini di disegni: ergo, la cosa va valutata per quello. Indubbiamente le gambe a cazzetto rovesciato stile Rob Liefeld non si possono vedere e creano evidenti disagi, ma non per questo tutto il resto va buttato. Trovo il suo stile estremamente slanciato davvero godibile per gli occhi, anche perché incline con il ritmo della narrazione.
Conclusioni:
Dopo due serie, circa trenta numeri e un crossover ignobile, Uncanny Avengers ha finalmente ingranato.
- Symo
Trama:
Il mondo dopo Secret Wars sarà anche nuovo, ma i problemi sono rimasti gli stessi. Sulla base di ciò, Steve Rogers mette assieme una nuova versione della Squadra Unione dei Vendicatori, sta volta composta da: l'Uomo Ragno, la Torcia Umana, Rogue, Dottor Voodoo, Quicksilver, la nuova arrivata Sinapse e Deadpool. Quando Boston comincia ad essere bombardata da una misteriosa minaccia apparentemente Inumana, per la Avengers Unity Squad è il tempo di mostrare i muscoli.
Il mio Parere:
Uncanny Avengers e All-New Captain America avevano due cose in comune: erano entrambe due serie scritte da Rick Remender con delle premesse ben precise. Premesse che, paradossalmente, sono state meglio sviluppate da altri: da Gerry Duggan per la Avengers Unity Squad e da Nick Spender per Sam Wilson come Capitan America. Per "Cap-Falcon", Remender aveva promesso una serie politicamente impegnata e che avrebbe fatto discutere di sé per certe prese di posizioni che avrebbero potuto risultare impopolari: e non parliamo solo del tanto discusso colpo di scena riguardo Steve Rogers da anni membro dell'Hydra, ma anche delle idee politiche di Sam Wilson messe in atto nel suo mandato di Capitan America. La cosa non si è vista, sopratutto perché lo stesso scrittore ha levato le tende dalla Marvel per dedicarsi al created-owner. La stessa sorte è toccata ad Uncanny Avengers dove, escludendo quella piccola parentesi su Havok, non ha mantenuto le sue promesse, finendo per concentrarsi su altro e non sul concetto di integrazione: solo fantascienza, viaggi nel futuro e botte. Adesso invece, con Duggan al timone di un team parecchio eterogeneo e irresistibile, le cose cominciano a funzionare come dovrebbero.
Indubbiamente, la forza di questa serie sta nella coralità: ma non una semplice coralità, una di quelle studiate per dar vita ad ogni tipo di interazione tra i personaggi, dalle più inaspettate e disparate alleanze, ai litigi più furenti. Sin dagli albori, Uncanny Avengers è stato un mensile dove la regola di base è subito diventata la seguente: "mettiamo assieme questi personaggi non perché vanno d'accordo, ma perché son una bomba ad orologeria e perché devo sputarsi in un occhio un giorno si e l'altro pure". La moltitudine dei personaggi, la loro quotidianità condivisa e il tentativo di creare un qualche tipo di affiatamento in battaglia è indubbiamente la forza motrice della serie, la quale risulta essere senza dubbio la colonna su cui essa si erge. E lo è perché a Gerry Duggan piace troppo giocare con tutte le varianti riguardo alle interazioni dei componenti, ammiccando anche ad eventi passanti della continuity di tutti loro e che dimostra sapientemente di conoscere. In più, aggiunto al cast ufficiale della serie, si aggiungeranno al team due personaggi conosciuti al grande pubblico la cui affiliazione alla squadra sarà un vero colpo di scena nonché sorpresa, cosa che non farà che aumentare la forza corale della serie.
Infatti, Lost Future aveva come obiettivo quello di far capire questo ai suoi lettori, la cosa che tanto è mancata nella passata gestione di Remender: che l'unione fa la forza e che è l'unione, il gruppo, l'affiatamento sono l'arma principale di una squadra... Anche se tra le tue fila c'è uno sciroccato come Deadpool (che, per inciso, funziona benissimo all'interno del team e non oscura nessuno degli altri personaggi). Per tanto, l'intero volume ha solo il pretesto di gettare le basi e le fondamenta per l'eterogeneità del team; come secondo obiettivo, quello di introdurre la nuova Sinapse. Questo ovviamente crea un punto debole all'interno della narrazione, ovvero quello che vede la mancanza di eventi futuri precisi, ma solo spiragli mostrati qua e là da criptiche e veloci sottotrame: le quali, però, si dimostrano enormemente promettenti e in grado di regalare, col tempo, archi narrativi di ampio respiro.
I disegni, invece, rispetto alla narrazione presentano ben più di un problema. Nonostante la presenza di un fuoriclasse come Carlos Pacheco, i lettori lo trovano su questo volume decisamente fuori fase e non certamente nella sua prova migliore. Un Pacheco incredibilmente ai minimi storici che, nonostante tutto, va comunque premiato per la tenacia di esser arrivato alla conclusione dei numeri che Duggan ha scelto di fargli disegnare. Purtroppo va anche detto che in cambio di professionalità e velocità, Pacheco sfoggia uno stile parecchio approssimato, superficiale e che mostra evidenti segni di cedimento, oltre che voglia di prendersi una pausa. Ma per una volta ci può anche stare che non ne imbrocchi una, del resto, il disegnatore spagnolo è sempre stato sulla cresta dell'onda e per una volta lo si perdona (anche se dispiace vederlo sfornare lavori mediocri). Ryan Stegman invece ha decisamente uno stile che divide il pubblico: c'è chi lo apprezza per lo stile dinamico, fluido, frizzante e voltato alla espressività estrema... E c'è chi, proprio per questa estrema espressività, lo apprezza proprio poco perché sostiene che Stegman si prenda certe "libertà anatomiche". Beh, sono vere entrambe le cose. Succede che quando scegli di valorizzare un certo messaggio grafico, si incappi in qualche "licenza poetica" anche in termini di disegni: ergo, la cosa va valutata per quello. Indubbiamente le gambe a cazzetto rovesciato stile Rob Liefeld non si possono vedere e creano evidenti disagi, ma non per questo tutto il resto va buttato. Trovo il suo stile estremamente slanciato davvero godibile per gli occhi, anche perché incline con il ritmo della narrazione.
Conclusioni:
Dopo due serie, circa trenta numeri e un crossover ignobile, Uncanny Avengers ha finalmente ingranato.
- Symo
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