Venerdì 8 Luglio 2016. Il telefono squilla. E' un mio amico che mi chiede se usciamo per una birra e quattro chiacchiere. Accetto. Dopo essere arrivati in birreria ci raccontiamo il più e il meno, passando repentinamente da discorsi seri a stronzate colossali, fino a quanto non arriva quel momento della serata che la caratterizzerà definitivamente: il Domandone.
Il Domandone è una domanda importante, spesso formulata male perché uno la dice di getto, senza pensarci, ma che dietro nasconde una risposta parecchio importante e che non si può dare superficialmente. Quando si risponde, tutti dicono la sua e quella serata sarà ricordata per quello che dici e come lo dici. Quella di quel Venerdì sera è stata: Qual è stato il primo libro che hai letto?
Chi cazzo se lo ricorda il primo libro letto in assoluto da quando si ha memoria? Oltre ai libri da colorare, s'intende.
Anche dopo ore e ore passate a pensarci su, alla fine la risposta non è arrivata: non ricordo proprio qual'è stato il primo libro in assoluto su cui ho messo mani e occhi (e solitamente, questo non è mai un buon segno)...ma! Possiamo accontentarci del fatto che, nella ricerca a modi Windows del mio cervello, sono riuscito a ricordarmi il titolo di uno dei primissimi libri che ho letto. Oggi ne parliamo.
Scusate l'inizio un pò troppo artificioso, ma mi andava voglia di raccontare tipo cantastorie. Comunque, come dicevo, purtroppo non ho memoria alcuna del primo libro che ho letto, perciò devo tristemente cedere il testimone al libro di cui ho il ricordo più vivido quando penso al momento in cui mi stavo addentrando nella letteratura da giovanissimo. Quel libro era...
Il Pupazzo Parlante N° 3, di R. L. Stine. Di seguito, trama e successive spiegazioni:
Il padre di Trina e Dan O'Dell, dapprima ventriloquo, abbandona la professione in favore di quella di meccanico, ma continua a coltivarla come passione collezionando pupazzi vintage. Un giorno, egli porta a casa un pupazzo danneggiato che ripara e mostra ai figli; nell'ispezionarlo, trova nel taschino un bigliettino con sopra scritte parole insignificanti e senza senso, poi pronunciate dalla figlia nel tentativo di capirci qualcosa. Quello che Trina e Dan non sanno, è che quelle parole erano un formula magica che ha riattivato Slappy: un pupazzo malvagio e psicotico con una personalità tutta sua che gode nel far male alla gente. Quando a casa O'Dell arriverà il cugino Zane, Slappy la vedrà come una succulenta occasione d'oro per sfoderare nuovamente la sua "arte".
Chi sulla carta d'identità è targato classe 1990 (massimo massimo, fino al 1994) ricorderà sicuramente e senza alcun dubbio, la collana di libri horror per ragazzi Piccoli Brividi: serie di libri che ha fatto un successo planetario e si è confermata addirittura come la collana per ragazzi più venduta di sempre. Il segreto del successo di Piccoli Brividi stava, in sostanza, nell'essere la fedele e totale definizione di "racconto per ragazzi". Non era una cosa scema e buonista come le celebri e classiche favole alla Pinocchio, ma non era nemmeno l'horror da cagarsi in mano alla IT: era una perfettissima via di mezzo che sottolineava il periodo di transizione dei giovani lettori, dalle letture più facili, leggere e scanzonate, a qualcosa di più elaborato; e badate bene che con il termine "più elaborato" non si intende cose alla Supergods, si intende che erano un filino più hardcore delle classiche trame da ragazzi, tutto grazie un continuo crescendo di climax e dei cattivi ben scritti.
Quando si è ragazzi, sopratutto quando si frequenta la scuola elementare, l'alta società bambinesca è peggio di un circolo esclusivo di quelli che devi esser vestito con certi vestiti di certe marche, altrimenti sei un pezzente meritevole dell'inceneritore. Da bambini era così, solo che si passava attraverso le "mode" più adatte alla nostra statura e alla nostra cultura: mode fatte di giocattoli, cartoni animati e altre grandiose cianfrusaglie, insomma. La legge era chiara e tiranna, se non avevi certe cose, eri escluso e deriso: sopratutto deriso con quei soprannomi e insulti che solo un bambino potrebbe creare, e che potrebbero causare danni psicologici non indifferenti anche in piena età adulta (in pieno stile Dr. Cox). Già il sottoscritto era visto come il reietto della classe perché non aveva l'Action Man, quindi, era chiaro che non potevo fallire sull'altra grande moda del momento: Piccoli Brividi.
Ebbene, c'è da dire che i brividi erano davvero mooolto piccoli e le trame del Signor Stine non facevano affatto paura, nonostante sia uno di quelli con con gli horror sviene come una fighetta (non ho paura ad ammetterlo, mi cago addosso tantissimo), però la cosa bella di Piccoli Brividi e che erano scritti nel modo in cui ogni ragazzo vorrebbe veder scritto un libro qualsiasi: con uno stile di narrazione facile e diretto, poche pagine, trama corposa, parole non troppo complesse, un cattivo con i controcoglioni, qualche colpo di scena figo, la scena finale fatta bene e dei protagonisti dove (anche se alla fine vincevano) passavano svariati quarti d'ora di terrore. La saga del pupazzo della collana è indubbiamente la mia preferita proprio per Slappy, il cattivone che potrebbe tranquillamente esser paragonato ad un Joker di porcellana. Per tutto il resto, invece, anche se (ovviamente) non sono trame da chissà quale contenuto eccelso, erano libri capaci di divertire ed intrattenere, capacissimi di spianare la strada verso più bianche pagine e più accattivanti libri.
E poi? Che fine hanno fatto i Piccoli Brividi? Non posso parlare per il mondo intero, ma dalle mie parti arrivarono i Pokèmon e usammo la carta tritata dei libri come materia prima per fabbricare Charizard brillanti in serie. Eh oh, che volete farci? Il mondo dei bambini è crudele e con degli standard molto alti da rispettare...e poi era pur sempre Charizard, cheddiamine.
E voi, carissimi Teleguardoni? Qual'è il libro che non avete mai finito? Fatecelo sapercelo!
- Symo
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