Dopo Deadpool, l'Uomo Ragno e molti altri personaggi, ho deciso di fare lo stesso post dedicato però a Capitan America. Perché? Perché mi va, semplice. Oggi vi chiediamo: Qual'è la prima storia che avete letto di Capitan America? La risposta a questa domanda, subito dopo l'immagine d'apertura.
La prima storia che ho letto di Cap è stata...
...Il Ritorno Di Steve Rogers, storia pubblicata su Capitan America #1 del 1998: testi di Mark Waid e disegni di Ron Garney. Come per molti personaggi di cui finirò per leggerne le storie e ottenere su di loro una più che vasta cultura, io e il Capitano ci conoscemmo molto prima dei fumetti, più precisamente, attraverso le serie animate in voga negli anni '90: nel suo caso specifico, grazie a Spider-Man: The Animated Series e X-Men: The Animated Series in cui comparì come ospite. In quella degli X-Men, comparve come special guest in un solo episodio ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale e in cui faceva comunella con gli Howling Commandos di Nick Fury e un Logan non ancora Wolverine e partigiano.
Un Logan fortemente strabico e un Cap visibilmente imbarazzato per aver indossato delle mutande rosse su un costume principalmente azzurro (vedi a mandare Bucky in lavanderia che succede?); la storia era un tributo a Uncanny X-Men #268 e, in maniera liberamente tratta, ne ripercorreva a grandi linee le vicende. Mentre per la serie dell'Uomo Ragno già Capitan America ricoprì un ruolo più importante, dato che ritornò più volte e in veste di figura centrale in ben due storyline: la prima in cui lo si faceva tornare dopo anni di ibernazione per fronteggiare un sopravvissuto Teschio Rosso e al centro di un complotto in cui erano invischiati i genitori di Peter Parker.
Qui lo vedete bello contento e fiero di esser stato scongelato con la biancheria intima giusta addosso: il pugno fermo e il braccio alzato è segno di conferma. La seconda volta come membro del team degli eroi capitanato da Spidey nella storyline ispirata a Guerre Segrete.
Eccolo li, il nostro eroe scoglionatissimo e impegnato a capire se le mani di Spidey siano così di natura o perché impegnate a tenere in mano un mojito invisibile (con conseguente invidia dell'alcolista corazzato lì in mezzo). I bambini di solito sono affascinati dalla potenza, dall'esagerazione e, insomma, di tutte le cose esose e portate in grande quantità, oltre che fortemente appariscenti. Ergo, da piccolo avrei dovuto essere affascinato da gente come Iron Man, Superman e tutti i personaggi simili. E invece, sempre fin da piccolino, sono sempre stato più simpatizzante verso personaggi con una forte componente umana e quindi con superpoteri limitati e che quindi li rendevano vincibili e più mortali. In più, voglio dire, prendiamo sempre Iron Man: una armatura la possono raccattare tutti, pure quel pistola di Pegasus era riuscito ad averla. Ma uno scudo come arma sia d'attacco che di difesa, quanti sono in grado di maneggiarlo e gestirlo? Pochi, ma veramente pochi. Inizialmente mi affascinò per questo, così, cercai presto una edicola che vendesse un suo albo per vedere com'era la sua originale controparte cartacea: ed arrivò prestissimo.
Captain America #1 del 1998, uscito in Italia su Capitan America & Thor #47 dello stesso anno. Nel '98 avevo 8 anni e quando comprai il primo numero non ero molto pratico di fumetti e, come detto molte volte su queste coordinate, “l’esperienza” e la “conoscenza” che ho del campo me la sono costruita da solo continuando a comprare cose, a leggere ed informarmi per conto mio. Difatti, mica potevo sapere chi era Mark Waid, il numero #1 della serie lo comprai a caso e la fortuna fu abbastanza gentile da permettermi di prendere il primo numero; solo crescendo, sia come persona che come lettore, realizzerò del mio enorme culo avuto durante l’infanzia e i miei primi passi nel mondo dei comics. Accompagnato da un Ron Garney in stato di grazie il cui stile è impreziosito dalle chine di Bob Wiacek e i colori di Joe Rosas & Digital Cameleon, Mark Waid si lascia trasportare dal personaggio e dalla narrazione, facendo quello che sa fare meglio: delineare personaggi enormemente potenti e sicuri della loro missione, ma anche terribilmente umani, descrivendoli come esseri separati dai comuni mortali solo da un costume di spandex. I suoi testi sono semplice e diretti e trattano di tematiche accattivanti che, ancora oggi, sono più attuali che mai, come l’occidentalizzazione del Giappone, l’enorme influenza dell’America sul resto del mondo sulla sottile differenza che c’è tra essere “un simbolo del popolo” e “un simbolo per il popolo”: o meglio, una rappresentazione dell’ideale, o l’ideale fatto a rappresentazione, possibilmente da vendere.
Discorsi come questi rendono grande una storia, affascinante il protagonista e, si, la rendono anche senza tempo. Dopo questo numero capì che un personaggio come Capitan America andava seguito, perché era più di molti altri personaggi (ancor più di Superman) rappresentava l'importanza di una vita vissuta rispettando dei valori, ponendosi dei limiti e rispettando delle regole morali. Mi colpì tanto la sua profondità d'animo e apprezzai enormemente il fatto che, unita all'azione, si riuscì a mettere anche un messaggio profondo in grado di raggiungere ogni fascia d'età. Era qualcosa di diverso, particolare, solenne ma accogliente. Non sarà ricco, non avrà una scintillante armatura, non saprà come si programma un computer e forse saprà una cosa sola al mondo...ma l'unica cosa che sa e che sa fare è quella che conta: combattere per ciò che è eticamente e moralmente giusto.
Un Logan fortemente strabico e un Cap visibilmente imbarazzato per aver indossato delle mutande rosse su un costume principalmente azzurro (vedi a mandare Bucky in lavanderia che succede?); la storia era un tributo a Uncanny X-Men #268 e, in maniera liberamente tratta, ne ripercorreva a grandi linee le vicende. Mentre per la serie dell'Uomo Ragno già Capitan America ricoprì un ruolo più importante, dato che ritornò più volte e in veste di figura centrale in ben due storyline: la prima in cui lo si faceva tornare dopo anni di ibernazione per fronteggiare un sopravvissuto Teschio Rosso e al centro di un complotto in cui erano invischiati i genitori di Peter Parker.
Qui lo vedete bello contento e fiero di esser stato scongelato con la biancheria intima giusta addosso: il pugno fermo e il braccio alzato è segno di conferma. La seconda volta come membro del team degli eroi capitanato da Spidey nella storyline ispirata a Guerre Segrete.
Eccolo li, il nostro eroe scoglionatissimo e impegnato a capire se le mani di Spidey siano così di natura o perché impegnate a tenere in mano un mojito invisibile (con conseguente invidia dell'alcolista corazzato lì in mezzo). I bambini di solito sono affascinati dalla potenza, dall'esagerazione e, insomma, di tutte le cose esose e portate in grande quantità, oltre che fortemente appariscenti. Ergo, da piccolo avrei dovuto essere affascinato da gente come Iron Man, Superman e tutti i personaggi simili. E invece, sempre fin da piccolino, sono sempre stato più simpatizzante verso personaggi con una forte componente umana e quindi con superpoteri limitati e che quindi li rendevano vincibili e più mortali. In più, voglio dire, prendiamo sempre Iron Man: una armatura la possono raccattare tutti, pure quel pistola di Pegasus era riuscito ad averla. Ma uno scudo come arma sia d'attacco che di difesa, quanti sono in grado di maneggiarlo e gestirlo? Pochi, ma veramente pochi. Inizialmente mi affascinò per questo, così, cercai presto una edicola che vendesse un suo albo per vedere com'era la sua originale controparte cartacea: ed arrivò prestissimo.
Captain America #1 del 1998, uscito in Italia su Capitan America & Thor #47 dello stesso anno. Nel '98 avevo 8 anni e quando comprai il primo numero non ero molto pratico di fumetti e, come detto molte volte su queste coordinate, “l’esperienza” e la “conoscenza” che ho del campo me la sono costruita da solo continuando a comprare cose, a leggere ed informarmi per conto mio. Difatti, mica potevo sapere chi era Mark Waid, il numero #1 della serie lo comprai a caso e la fortuna fu abbastanza gentile da permettermi di prendere il primo numero; solo crescendo, sia come persona che come lettore, realizzerò del mio enorme culo avuto durante l’infanzia e i miei primi passi nel mondo dei comics. Accompagnato da un Ron Garney in stato di grazie il cui stile è impreziosito dalle chine di Bob Wiacek e i colori di Joe Rosas & Digital Cameleon, Mark Waid si lascia trasportare dal personaggio e dalla narrazione, facendo quello che sa fare meglio: delineare personaggi enormemente potenti e sicuri della loro missione, ma anche terribilmente umani, descrivendoli come esseri separati dai comuni mortali solo da un costume di spandex. I suoi testi sono semplice e diretti e trattano di tematiche accattivanti che, ancora oggi, sono più attuali che mai, come l’occidentalizzazione del Giappone, l’enorme influenza dell’America sul resto del mondo sulla sottile differenza che c’è tra essere “un simbolo del popolo” e “un simbolo per il popolo”: o meglio, una rappresentazione dell’ideale, o l’ideale fatto a rappresentazione, possibilmente da vendere.
Discorsi come questi rendono grande una storia, affascinante il protagonista e, si, la rendono anche senza tempo. Dopo questo numero capì che un personaggio come Capitan America andava seguito, perché era più di molti altri personaggi (ancor più di Superman) rappresentava l'importanza di una vita vissuta rispettando dei valori, ponendosi dei limiti e rispettando delle regole morali. Mi colpì tanto la sua profondità d'animo e apprezzai enormemente il fatto che, unita all'azione, si riuscì a mettere anche un messaggio profondo in grado di raggiungere ogni fascia d'età. Era qualcosa di diverso, particolare, solenne ma accogliente. Non sarà ricco, non avrà una scintillante armatura, non saprà come si programma un computer e forse saprà una cosa sola al mondo...ma l'unica cosa che sa e che sa fare è quella che conta: combattere per ciò che è eticamente e moralmente giusto.
Ma adesso basta cinaciare, ora tocca a voi. Qual'è stata la prima storia che avete letto dell'Uomo Ragno? Vi aveva colpito in positivo o in negativo? Il personaggio vi aveva fin da subito affascinato, o c'avete messo più tempo per rendervi conto della sua bellezza? Oppure tutt'oggi non capite cosa ci trovi la gente di bello? Fatecelo sapercelo!
- Symo
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